Nei primi 2 anni di vita, quasi il 90% delle attività imprenditoriali classificate come PMI chiude.
Molto spesso si crede che il fallimento di un’azienda sia stato causato da un’idea di partenza errata, o perché il prodotto o il servizio scelti erano sbagliati, oppure, ancora, perché non era il momento giusto per fare partire quell’impresa o forse era semplicemente meglio dedicarsi ad un altro settore.
Il realtà, nella maggior parte dei casi, il motivo principale della chiusura è una pessima gestione dell’attività da parte dell’imprenditore. E con gestione non si intende solo il rapporto con il team, i clienti o il business model, ma l’approccio con cui l’imprenditore avvia l’attività e le scelte prese di conseguenza.
A volte un imprenditore avvia la propria attività senza nemmeno avere ben in chiaro se ciò che sta costruendo vuole essere una PMI, una startup o un’attività profit first. E già questa mancanza porterà in seguito delle gravi conseguenze.
Abbiamo comunque notato che tra la cause di fallimento, le più diffuse sono 3. 3 errori che di solito commette un imprenditore con terribili conseguenze.
Mancanza di conoscenze necessarie
Se una persona decide di mettersi in proprio, lo fa perché si presuppone sappia muoversi bene in un determinato settore, ma ciò non basta.
Infatti, prima di avviare un’azienda, sarebbe opportuno, se non essenziale, avere una buona conoscenza degli aspetti burocratici e fiscali del territorio in cui verrà aperta l’attività. Invece molti imprenditori trascurano questa parte o la delegano completamente a terzi.
Sono tanti gli impresari, per esempio, che confondono il ruolo del commercialista, considerandolo un contabile, un fiscalista o una segretaria.
Pochi sanno calcolare quanto dovranno pagare di tasse durante l’anno, o per lo meno farsi un’idea. O quando sono le scadenze fiscali, dell’IVA, le scadenze per le imposte dell’anno precedente e gli anticipi per l’anno successivo.
Ancora meno sono quelli che si interessano o studiano metodi legali per poter abbattere i costi rappresentati dalle imposte.
Questa grave mancanza da parte dell’imprenditore ha come conseguenza l’impossibilità di poter organizzare in maniera efficace la cassa in anticipo per poter essere preparati a pagare tutte le tasse richieste.
Errato calcolo dei costi
Una delle caratteristiche della PMI, è che si può prendere spunto da altre aziende già esistenti per farsi un’idea di quelli che potrebbero essere i costi e i ricavi, e per strutturare un business plan.
Questo però non basta per fare una buona gestione di cassa, fondamentale soprattutto nei primi anni o comunque fino al raggiungimento del punto di break even, cioè il momento in cui le vendite riescono a coprire i costi precedentemente sostenuti, chiudendo il periodo di riferimento senza profitti, ma nemmeno perdite.
Un imprenditore ha spesso un’idea di massima di quelli che potrebbero essere i costi, ma dovrà durante i primi anni cercare di avere un quadro completo di questi. Dovrà capire con precisione quali sono i costi fissi, essere in grado di prevedere quelli futuri, dovrà essere in grado di instaurare buoni rapporti con i fornitori, capire dove si potrebbe risparmiare un po’, le spese quotidiane, mensili, il costo dei dipendenti e dei collaboratori.
Inoltre, sicuramente, come anticipato nel paragrafo precedente, dovrà conoscere bene gli aspetti burocratici e fiscali.
Solo così potrà fare una buona gestione della cassa, che gli permetterà di poter anche fronteggiare gli imprevisti, che in un’impresa, sono all’ordine del giorno.
Il cannibalismo dell’imprenditore
Questo probabilmente è l’errore più diffuso. Sicuramente il più difficile da comprendere, perché se gli errori precedenti, portano nel breve termine un’azienda a chiudere, questo errore, spesso, semplicemente non la fa crescere.
E nel mercato attuale, in continua crescita e sviluppo, un’azienda che non cresce, muore.
Molti imprenditori avviano la propria attività con il presupposto che devono guadagnare fin dal primo mese.
Questo genere di atteggiamento, però, non permette di essere lungimiranti. Non comporta l’idea di reinvestire gli utili della società, nella società stessa, per farla crescere.
In alcuni casi succede che l’impresario si identifica nella propria azienda, perciò se vede che l’azienda cresce e guadagna, pensa che di conseguenza dovrebbe guadagnare anche lui. Più l’azienda cresce e guadagna, e più dovrebbe essere alto il suo introito.
E questa, purtroppo, è la classica mentalità che adottano i liberi professionisti.
Quanto invece per una PMI, sarebbe molto più costruttivo, avere una prospettiva da investitore, se non addirittura considerarla come una startup e reinvestire quelli che sono tutti gli utili dei primi anni.
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