I certificates airbag sono uno strumento finanziario proposto dalle banche come alternativa all’investimento obbligazionario, date le somiglianze con quest’ultimo.
Infatti, i certificates airbag sono a basso rischio e dedicati specificatamente agli investitori con una bassa propensione al rischio.
La particolarità di questi certificates è proprio l‘effetto airbag che consente all’investitore di ridurre le perdite qualora la performance del sottostante, cioè l’asset finanziario a cui fa riferimento il certificato, dovesse essere ampiamente negativa.
Potendoci essere una perdita, i certificates airbag sono certificati a capitale condizionatamente protetto, cioè in caso di performance negativa, l’investitore riceverà indietro la somma investita per la sottoscrizione del certificato, meno i premi da pagare alla banca per il mantenimento della posizione.
Esiste quindi un livello di barriera, cioè una soglia che viene impostata in fase di sottoscrizione del certificato, sotto la quale la performance è da considerarsi negativa.
Il livello di barriera è tendenzialmente posto sotto lo strike, cioè il valore del sottostante nel momento in cui si sottoscrive il certificato. Se il sottostante dovesse terminare nell’area tra lo strike e il livello di barriera, il profitto dell’investitore, come la perdita, risulterebbe nulla, salvo i premi, sebbene il sottostante abbia in realtà avuto una performance negativa.
Il capitale potrebbe essere comunque a rischio in caso di prestazione molto negativa del sottostante, cioè quando si va oltre il livello di barriera. In tal caso si potrebbe contare sull’effetto airbag, che salverebbe in parte il capitale investito.
Quest’ultimo dipende dal rapporto airbag, ovvero il rapporto tra lo strike e il livello di barriera, ma per capirne bene il funzionamento facciamo un esempio.
Esempio
Ricordiamo che l’esempio qui riportato è totalmente inventato e non rispecchia le quotazioni reali, ma serve solo per comprendere come funzionano questa tipologia di certificati.
Ipotizziamo che un investitore sottoscriva un certificato airbag in banca con sottostante il prezzo del petrolio, che al momento dell’emissione è pari a 50$.
L’investimento è di 10.000$, dunque il multiplo, cioè la quantità del sottostante contenuta nel certificato, è di 200, mentre la durata del certificato è di 2 anni. Il livello di barriera viene stabilito a 40$, che corrisponde all’80% del valore dello strike, mentre il rapporto airbag è 1,2.
Al termine dei due anni potremmo avere le seguenti ipotesi:
- Il prezzo del petrolio è pari a 60$ ottenendo una crescita del 20%. L’investitore ha quindi un profitto lordo di 2.000$, dal momento che il prezzo attuale per il multiplo fa 12.000$, mentre l’investimento iniziale era di 10.000$.
- Il petrolio viene valutato 45$ subendo dunque un deprezzamento, senza però raggiungere il livello di barriera. Il risparmiatore riceverà semplicemente indietro il capitale investito, perdendo solamente i premi versati alla banca nell’arco dei due anni.
- La quotazione del petrolio scende a 30$ andando sotto il livello di barriera. La performance negativa è del 40% e la perdita senza effetto airbag sarebbe dunque di 4.000$. Il rapporto airbag salva, però, una parte del capitale dell’investitore e la perdita si riduce a 2.800$. Infatti, il calcolo matematico da fare è il seguente:
valore del sottostante * multiplo * rapporto airbag
30$ * 200 * 1,2= 7.200$
Sottraendo 10.000$ a quest’ultimo otteniamo i 2.800$ sopracitati.
Come possiamo notare, il vantaggio dei certificates airbag consiste nell’attenuamento delle perdite in caso di prestazione eccessivamente negativa. Nel caso dell’esempio infatti, l’investitore, nel caso dell’avverarsi dell’ipotesi n. 3, avrebbe salvato ben 1.200$, che corrispondono al 12% del capitale investito inizialmente.
Lo svantaggio, tuttavia, consiste nel non poter ottenere alcun bonus in caso di prestazione positiva, oltre al guadagno derivante dalla prestazione del valore del sottostante, come invece avviene in altre tipologie di certificati, che però non godono dell’effetto airbag.
Ricordiamo che i valori riportati negli esempi sono lordi e quindi non tengono in considerazione i premi da versare alle banche, i quali variano a seconda dell’istituto bancario a cui ci si rivolge. L’esempio, inoltre, non tiene conto della tassazione sulle rendite finanziarie, che in Italia è al 26% sulle plusvalenze.
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