I Certificati di Credito del Tesoro (abbreviati nell’acronimo CCT ) appartengono alla macro categoria dei cosiddetti Titoli di Stato.
I Titoli di Stato sono obbligazioni emesse dal Paese Italia, e più precisamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, con lo scopo di acquisire nuove risorse finanziarie. Volendo essere più precisi possiamo affermare che i Titoli di Stato sono uno strumento finanziario mediante il quale il nostro Paese raccoglie disponibilità atte a coprire il proprio debito pubblico oa ripianare il disavanzo commerciale di un esercizio finanziario.
I Titoli di Stato rappresentano un debito che l’Italia ha nei confronti del legittimo possessore del titolo stesso, il quale si pone nella posizione di creditore nei confronti dello Stato.
Esistono numerose tipologie di Titoli di Stato che variano in relazione alle caratteristiche fondamentali delle obbligazioni stesse.
CCT cosa sono?
I Certificati di Credito del Tesoro sono un’obbligazione a medio e lungo termine emessa dalla Repubblica Italiana. Si tratta di uno strumento finanziario con scadenza facciale a 7 anni, sono tuttavia esistite emissioni con scadenza dai 2 ai 10 anni.
I CCT hanno un valore minimo di 1000 euro e un tasso di rendimento variabile pagato attraverso cedole semestrali.
I Certificati di Credito del Tesoro rappresentano una quota significativa del nostro debito pubblico anche se non paragonabile per quantità a quello rappresentato dai Buoni del Tesoro Poliennali (BTP).
I CCT sono uno strumento finanziario atipico poiché legano il proprio saggio di interesse a quello di un altro titolo di Stato e per questa ragione vengono considerati da taluni economisti come strumenti finanziari derivati.
CCT Rendimento
Come si calcola il rendimento di un CCT?
I Certificati di Credito del Tesoro sono strumenti finanziari che liquidano un interesse semestrale (cedole) al detentore. Il saggio (o tasso) di interesse, come abbiamo già avuto modo di dire, non è né fisso (come quello dei BTP) né predeterminato (come nelle obbligazioni a cedola crescente), ma varia.
La prima cedola viene fissata in fase di emissione. Dal sesto mese il tasso di rendimento di un Certificato di Credito del Tesoro viene calcolato aggiungendo una maggiorazione (da 0,3% a 1%) al tasso medio ponderato dei BOT semestrali con arrotondamento ai 5 centesimi più vicini per CCT emessi fino a novembre 2005 e al centesimo più vicino per le emissioni successive. La maggiorazione fu introdotta per compensare la minore liquidità rispetto a un BOT.
In considerazione della variabilità dei flussi cedolari, dunque, non è possibile stabilire a priori quale sarà l’effettivo rendimento dell’investimento. Acquistando un CCT, quindi, si avrà la certezza di ottenere una remunerazione sempre in linea con i tassi di mercato, ma non preventivabile.
Va precisato che è disponibile sul mercato anche una tipologia di CCT che parametra il proprio saggio di interesse semestrale all’Euribor a 6 mesi più una maggiorazione. Si tratta dei cosiddetti CCTeu che sono del tutto simili a quelli classici, salvo per le diverse modalità di determinazione del tasso.
Cosa sono i CCTeu?
I CCTeu dal 2010 hanno sostituito i classici Certificati di Credito del Tesoro e progressivamente diventeranno, attraverso le operazioni di cambio, gli unici disponibili sul mercato. Sono molto simili ai classici CCT , essendo anch’essi titoli a tasso variabile con cedole semestrali, la principale differenza riguarda l’indicizzazione che fa riferimento al tasso Euribor a 6 mesi, rilevato il secondo giorno lavorativo antecedente il giorno di maturazione della cedola.
La scelta del tasso Euribor è stata fatta per due motivi: in primis per far riferimento a uno degli indicatori principali dell’Eurozona ed evitare una volatilità eccessiva che si è verificata nel passato con i classici CCT, in secondo luogo per aumentare l’accessibilità di questo strumento a un bacino di investitori più ampio, il nuovo parametro infatti è molto diffuso tra gli investitori in obbligazioni europei.
Acquisto CCT
Come si può acquistare un CCT?
Le modalità per acquistare CCT sono essenzialmente due:
- Asta marginale
- Negoziazione sul MOT
L’asta marginale è lo strumento mediante il quale lo Stato provvede a collocare tutti i Titoli di Stato a medio e lungo termine. L’asta per l’acquisto di CCT avviene con frequenza mensile, c’è poi un’asta annuale per l’emissione di nuovi titoli. Il giorno successivo all’asta i titoli vengono quotati in borsa.
In occasione dell’emissione e del successivo collocamento di un CCT, lo Stato avvia un’asta nella quale si provvede ad individuare il prezzo di acquisto del titolo, detto prezzo marginale, e alla successiva attribuzione a chi ne ha fatto richiesta.
L’asta può riguardare sia obbligazioni di nuova emissione sia titoli già emessi in precedenza, ma che vengono riproposti al pubblico.
Poiché gli investitori privati non hanno diritto di partecipare in prima persona all’asta marginale, saranno obbligati ad avvalersi dell’intermediazione di un Ente autorizzato a farlo (un Istituto di Credito ad esempio). Per questo motivo il cliente al dettaglio effettua una prenotazione del valore nominale che desidera sottoscrivere e l’intermediario parteciperà in sua vece (cumulando tutte le prenotazioni ricevute) per poi procedere al riparto dei titoli.
In sede di asta marginale il prezzo di aggiudicazione è frutto di un algoritmo specifico che prevede anche alcuni possibili correttivi atti a scoraggiare manovre speculative, potrà essere inferiore o uguale al valore nominale e sarà sempre una quotazione a corso secco (senza rateo di interessi).
Durante la vita del titolo è possibile acquistare un CCT mediante negoziazione sul MOT (Mercato telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato), per operazioni dal valore minimo di 1000 euro, oppure sul MTS (Mercato telematico dei Titoli di Stato) per transazioni superiori ai 2,5 milioni di euro. In questo caso si tratterà di un titolo già emesso il cui prezzo sarà determinato dal mercato. Il prezzo di acquisto dipende da alcuni fattori quali il tasso cedolare, l’eventuale differenziale tra ask e bid, le prospettive di mercato, la fiducia sull’ente emittente e così via.
Ovviamente, trattandosi di titoli a tasso variabile, quindi meno esposti all’andamento dei tassi correnti e previsionali, il prezzo subirà oscillazioni contenute e comunque non paragonabili a quelle che possono subire i titoli a tasso fisso.
Costi e regime fiscale dei CCT
Gli oneri applicati in relazione alla compravendita ed al possesso di Certificati di Credito del Tesoro sono di due tipi:
1. Commissioni di acquisto e di vendita
2. Oneri di gestione del titolo
Le commissioni di compravendita di un titolo non sono univoche. Esse dipendono dalla discrezionalità dell’Istituto di credito che le applica, dalla capacità di contrattazione del cliente e dal suo potere contrattuale.
In via generale possiamo affermare che tali oneri sono tendenzialmente stabiliti in percentuale sul controvalore negoziato, ma possono anche essere azzerati con l’autorizzazione della banca.
Oltre alle commissioni di negoziazione, inoltre, possono essere applicati dei diritti fissi e commissioni per ordini ineseguiti.
Gli oneri relativi alla gestione del titolo invece, anch’essi discrezionali e altrettanto contrattabili, sono le cosiddette spese di tenuta deposito titoli che vengono applicate una volta all’anno (importo variabile nell’ordine di qualche decina di euro).
Infine, per quel che concerne il regime fiscale a cui sono assoggettati i CCT, è bene sottolineare che riguarda sia i flussi cedolari che il rendimento di capitale.
I CCT emessi fino al settembre del 1986 erano totalmente esenti , dal 1986 al 1987 l’aliquota fiscale passò al 6,25% mentre dal 1987 ad oggi è rimasta stabile al 12,50% . Le cedole, pertanto, subiscono una tassazione del 12,5% e vengono corrisposte nette al possessore con accredito sul conto corrente. I rendimenti da capitale derivanti da compravendita o da rimborso, allo stesso modo, vengono tassati sulla plusvalenza registrata o sullo scarto di emissione sempre al 12.5%.
Con la tassazione alla fonte le persone fisiche non sono tenute, in alcun modo, a segnalare l’operatività in sede di dichiarazione dei redditi, mentre per quel che riguarda i proventi ottenuti in sede di attività aziendale, è bene precisare che essi entreranno a far parte del reddito imponibile, su cui calcolare le imposte.
Quali rischi sono connessi all’acquisto di un CCT?
I rischi connessi all’investimento in un Certificato di Credito del Tesoro sono essenzialmente tre:
Rischio di credito
Si tratta del rischio che lo Stato Italiano, per qualsiasi motivo, non sia in grado di pagare i flussi cedolari previsti dal contratto o di rimborsare il capitale alla scadenza. Un’eventuale fase di alta tensione sulla solvibilità (o presunta tale) del Paese Italia può influenzare l’andamento del prezzo del titolo.
Rischio di liquidità
Si tratta del rischio legato all’impossibilità di negoziare il CCT sul mercato prima della sua scadenza (non riuscire a venderlo poiché non si trova una controparte interessata all’acquisto)
Rischio di tasso
Trattandosi di un titolo a tasso variabile parametra il proprio rendimento all’andamento dei tassi di mercato, pertanto, non è possibile prevederne anticipatamente la resa.
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