Il contratto generale di investimento è un accordo che disciplina tutti i rapporti tra un intermediario finanziario e il cliente, e che deve essere redatto per iscritto, secondo la norma dell’Art. 23 D.Igs. n. 58/1998 (Testo Unico Finanziario o TUF), pena la nullità dell’accordo.
Inoltre, la nullità, ovvero la negazione di tutti gli ordini di acquisto e vendita che coinvolgono l’investitore, considerando questo caso giuridico specifico, è applicabile solo dal cliente apertamente, il quale è libero di applicarla completamente o di farla valere solo per alcuni investimenti andati male.
Non esiste un pattern specifico per stilare un contratto generale di investimento, perciò è importante sapere che, quando viene redatto, questo tipo di contratto deve:
- specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche;
- stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto;
- stabilire le modalità da adottare per le modifiche del contratto stesso;
- indicare le modalità attraverso cui il cliente, ovvero l’investitore, può impartire ordini e istruzioni;
- prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire al cliente a rendiconto dell’attività svolta;
- indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l’esecuzione delle operazioni aventi a oggetto strumenti finanziari derivati e warrant;
- indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con il cliente per la prestazione del servizio.
Quando un contratto generale di investimento non è valido
La validità di un contratto generale di investimento è sempre stata un’annosa questione in quanto la giurisprudenza si è pronunciata negli anni in modo contrastante.
Più precisamente, si sono registrati due contrapposti orientamenti.
Secondo una prima tesi, un contratto diventa valido nel momento in cui il cliente sottoscrive il modulo contrattuale contenente il contratto-quadro, ovvero la parte di contratto che fissa le condizioni generali.
A parere dei giudici e degli autori che si sono uniformati a questa tesi, il requisito formale dovrebbe, in tal caso, ritenersi osservato, perché sarebbe garantito l’interesse alla conoscenza, alla trasparenza e lo scopo informativo dell’investitore.
In questo caso, non occorrerebbe la sottoscrizione dell’intermediario finanziario affinché il contratto sia ritenuto valido.
La volontà dell’investitore deve essere espressa per iscritto, mentre quella dell’intermediario finanziario può essere manifestata con altre forme, idonee a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza del suo consenso, come ad esempio la predisposizione del testo contrattuale, la raccolta della sottoscrizione del cliente, la consegna del contratto o l’esecuzione del medesimo.
In questo senso si era pronunciata una prima volta la Suprema Corte nel 2012:
“La previsione di forma contenuta nell’articolo 23 del decreto legislativo n. 58 del 1998 è soddisfatta dalla sottoscrizione del contratto da parte del solo investitore, allorché la copia prodotta in giudizio dal cliente rechi la dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”. L’obbligo di forma scritta è altresì rispettato quando, alla sottoscrizione del contratto da parte del solo investitore, abbiano fatto seguito, anche alternativamente, la produzione in giudizio di copia del contratto da parte della banca, oppure la manifestazione di volontà della medesima di avvalersi del contratto stesso, risultante da plurimi atti posti in essere nel corso del rapporto (ad es. comunicazione degli estratti conto).”
Tale conclusione deriverebbe anche dalla necessità di evitare una lettura dell’Art. 23 cit., non efficiente per il mercato finanziario, volta a scongiurare un utilizzo opportunistico del requisito formale.
Un altro orientamento giurisprudenziale, invece, sostiene che un master agreement, un contratto generale di investimento, è nullo quando non è stato sottoscritto anche dall’intermediario finanziario.
Orientamento confermato anche dalla Corte d’Appello di Bologna con una sentenza in data 19 maggio 2015:
“La sottoscrizione non può essere provata per testi, presunzioni e neppure confessione…; la relativa prova non può essere supplita neppure tramite documenti successivamente inviati nel corso del rapporto (Cass. 7283/13 sostanzialmente dissonante rispetto a Cass. 4564/2012), e neppure con la produzione in giudizio da parte del soggetto di cui manca la sottoscrizione posto che (a parte la decorrenza degli effetti di un consenso in tal modo espresso) la domanda di nullità comporta ‘revoca della proposta’ cui è assimilabile lo scritto proveniente da una sola parte”.
Questo è solo un esempio, ci sono stati anche altri casi come, per citarne un altro, la decisione della Cassazione n. 5919 del 24 marzo 2016 o la n. 8395 del 27 aprile 2016.
Questa tesi è inoltre sostenuta dagli Art. 1326 e 1350 c.c., secondo i quali, affinché un contratto possa ritenersi concluso, è necessario uno scambio di consensi tra le parti, che deve avvenire, per entrambi i contraenti, con forma richiesta dalla legge, ovvero scritta. Pena l’invalidità.
Perciò, fino ad oggi, un cliente, cioè l’investitore, è libero di richiedere la nullità del contratto per alcune operazioni eseguite dall’intermediario finanziario, con la consapevolezza che quest’ultimo può contestare tale decisione.
La decisione finale sarà presa poi in tribunale. Quindi, se stai pensando di ricorrere alla nullità per un contratto generale di investimento con un intermediario finanziario, ti consigliamo di avere anche il contatto di un buon avvocato.
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