La parola mining deriva dall’inglese to mine, che in italiano significa estrarre, e si utilizza appunto per indicare il processo di estrazione delle monete digitali.
Questo procedimento viene eseguito dai miners, o minatori in italiano, i quali hanno ragion d’essere dal momento che non esiste un istituto o una banca che conia le criptovalute.
Il lavoro di miner consiste nel mettere a disposizione la potenza di calcolo dei propri computer per effettuare i controlli di validità, attraverso calcoli algoritmici complessi, e determinare la creazione dei codici c.d. Hash, prima di unire un blocco a una catena di blocchi precedenti nella blockchain.
Per blocco si intende un contenitore, o un elenco, limitato, di tutte le transazioni registrate. Una volta che il blocco sarà stato completato, cioè quando saranno state annotate tutte le transazioni registrabili, verrà inserito nella blockchain dai miners.
L’attività svolta dal miner viene ricompensata con la creazione di nuove criptovalute.
Nel tempo questa attività si è diffusa sempre di più. Infatti, per rallentare la produzione di criptovalute, i calcoli algoritmici sono diventati più complessi da risolvere e ad oggi, fare mining non è più un’attività alla portata di tutti.
Chi può fare mining oggi
Inizialmente, il mining poteva essere fatto con normali computer e con normali processori.
Con l’aumentare della diffusione delle criptovalute e con la complicità degli algoritmi di validazione, mettere a disposizione un semplice computer non è bastato più.
Attualmente, per fare mining bisogna disporre di tanti server e computer forniti di CPU, GPU, che hanno un rapporto tra capacità di elaborazione e consumo di energia elettrica più vantaggioso, e software specifici, che collaborano per risolvere i calcoli utili al completamento delle transazioni sulla blockchain.
Queste macchine attive appositamente per il mining vengono riunite in quelle che in inglese sono chiamate farm.
Bisogna anche sapere che questi server e computer, essendo molto potenti, consumano anche molta energia e hanno bisogno di essere costantemente raffreddati, e questo richiede ulteriore energia elettrica.
Perciò i costi che derivano dal mining sono diventati molto alti e non sostenibili da chiunque.
In alternativa, se non si ha una farm all’altezza della situazione, si può scegliere il cloud mining, un sistema basato sul Web a pagamento che permette di sfruttare le farm delle aziende che le mettono appositamente a disposizione.
Il cloud mining sgrava dunque molti costi alla singola persona, tra cui quello dei server, dei GPU e dell’energia elettrica necessaria.
I costi dei servizi di cloud mining naturalmente varieranno a seconda del periodo di durata dell’abbonamento e dalla capacità di calcolo che si vuole acquistare.
Vantaggi e svantaggi
Il motivo principale per il quale una persona decide di fare mining è quello naturalmente di avere un ritorno economico.
Solitamente il miner accumula più monete possibili per poi venderle o utilizzarle in futuro. In tal caso, si continua a minare anche quando i mercati sono in forte regressione e anche se la rendita giornaliera permette a malapena di recuperare i costi della corrente elettrica.
Un’altra strategia, invece, consiste nel fare mining nei periodi in cui il valore della valuta estratta è abbastanza alto da permettere un ritorno economico nell’immediato.
Tutto comunque dipende sempre dai costi da sostenere, e si trovano proprio qui gli svantaggi.
Come accennato prima, ad oggi la potenza di calcolo richiesta per fare mining è molto elevata e questo comporta dei costi non del tutto indifferenti.
Costi che comprendono non solo le spese iniziali, o di corrente elettrica, ma anche quelle di manutenzione. A volte, tutti questi costi sono superiori al rendimento anche per lunghi periodi. Per questo motivo fare mining non è alla portata di tutti.
Inoltre, negli ultimi tempi, si è diffusa sempre di più la polemica sull’impatto ambientale, vista la grande quantità di energia elettrica richiesta per mantenere le macchine sempre attive.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Joule del professor Christian Stoll, il consumo annuo di energia impiegata per il mining sarebbe di circa 45,8 Terawattora con un’emissione di anidride carbonica di circa 22 milioni di tonnellate.
Senza contare che tale impatto avverrebbe in specifiche zone della Terra, ovvero nei Paesi dove il costo della corrente elettrica è relativamente basso, località in cui si stanno spostando le farm.
Secondo il parere di molti, perciò, il prezzo da pagare per il mining sarebbe troppo alto rispetto al guadagno che si otterrebbe, a beneficio di pochi, oltretutto.
Non tutti, però, sono d’accordo con questi pareri. E tu?
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