Quando senti parlare di stablecoin, sappi che si sta parlando di criptovalute e blockchain.
Per capire, però, che cosa sono le stablecoin e perché esistono, è meglio fare un passo indietro, definendo bene alcune caratteristiche delle valute digitali.
Devi sapere innanzitutto che le criptomonete, come Bitcoin, sono considerate, dal punto di vista finanziario, un bene molto volatile, cioè il cui valore cambia velocemente nel tempo.
Basta vedere qualche grafico degli ultimi mesi di qualsiasi criptomoneta per averne la conferma. Infatti, si potranno notare movimenti del valore molto bruschi e ripetuti, il che fa capire che cambiamenti drastici del valore non capitano solo ogni tanto.
A causa dell’elevata volatilità, le criptomonete vengono considerate più un bene speculativo che una moneta. Ovvero, solitamente, si decide di comprare una moneta digitale al fine di rivenderla, sperando in un apprezzamento, e non per usarla come mezzo per comprare qualcosa.
Per comprendere l’inadeguatezza dell’utilizzare in questo periodo le criptovalute come monete di scambio facciamo un esempio con Bitcoin: mettiamo caso che tu avessi voluto comprare una macchina dal valore di circa 55.000€ verso inizio novembre 2021, quando il valore di Bitcoin aveva superato i 55.000€, e che tu avessi deciso di pagarla appunto in BTC. Il costo dell’auto sarebbe stato, perciò, poco meno di 1 BTC.
Ipotizziamo, però, che tu per qualsiasi motivo non sei riuscito ad acquistarla a novembre, ma che hai potuto solo a fine gennaio 2022, quando il valore di Bitcoin è sceso sotto i 35.000€. In tal caso il prezzo dell’auto non sarebbe più stato di circa 1 BTC, ma di circa 2, quindi il doppio. Nell’arco di nemmeno 6 mesi.
Se invece il prezzo fosse rimasto ancora di 1 BTC, questo avrebbe significato un calo del valore dell’auto da circa 55.000 a 35.000€, sempre nell’arco di meno di 6 mesi. Situazione per tanti inconcepibile.
Per questo motivo le criptomonete non vengono ancora accettate da tutti per eseguire delle transazioni quotidiane.
Questo, però, non vuol dire che la tecnologia blockchain non possa essere utilizzata per effettuare transazioni legate a scambi di beni. La risposta è già oggi disponibile ed è rappresentata dalle stablecoin.
Le stablecoin sono asset digitali, in particolare sono token, che hanno due proprietà importanti:
- in quanto token, i loro scambi sono registrati su una blockchain, esattamente come succede per gli scambi di Bitcoin;
- il loro valore è ancorato a un asset o bene reale, come il dollaro o l’oro. Ad esempio, si può decidere che un token emesso valga un dollaro.
Le stablecoin sono ancorate a un bene fisico
Le stablecoin nascono per rappresentare digitalmente una valuta ufficiale o un bene fisico, come un lingotto d’oro.
Esistono principalmente tre modi per legare il valore di un token, che vive solo nella blockchain, a quello di un asset o bene reale.
Il primo è definito posting di collaterale fisico. Ipotizziamo che si voglia ottenere un token che valga un dollaro. In questo caso, chi crea il token deposita in una riserva, che può essere un conto corrente bancario o un deposito titoli, un dollaro, o il suo equivalente in titoli finanziari a basso rischio, per ogni token creato.
In questo caso il dollaro fisico o i titoli finanziari fungono da collaterale, rappresentando una riserva per garantire il valore del token.
Il secondo metodo è chiamato posting di collaterale digitale. In questo caso, per ogni token creato vengono congelati, cioè resi non spendibili, dei crypto asset convenzionali, di valore superiore al valore del token emesso, con meccanismi di ribilanciamento automatico nel caso il valore del collaterale si avvicini pericolosamente alla parità con il dollaro, per esempio.
Si interviene quindi per evitare che gli asset utilizzati come collaterale, a causa della forte volatilità del loro prezzo, non siano più sufficienti a garantire il valore di un dollaro per ogni token.
Il terzo metodo si baserebbe invece su degli algoritmi, in fase di sperimentazione, grazie ai quali la parità viene mantenuta automaticamente, non sempre con buoni risultati.
Ad esempio, creando token, sulla base di questi algoritmi, se il valore del token stesso in valuta ufficiale cresce, o distruggendone se il valore scende sotto il valore di un dollaro, giusto per mantenerlo come esempio.
Anche se tutti e tre gli approcci sono interessanti, i vari riscontri avuti negli ultimi tempi dimostrano che la prima modalità è quella che rende il valore del token stabile, cioè più vicino al valore del bene associato.
Stablecoin per le spese quotidiane
In pratica, usare le stablecoin per le spese quotidiane sarebbe al momento già possibile.
Perché allora non si stanno diffondendo velocemente?
Una prima criticità viene dalle limitazioni della blockchain stessa: ad oggi Bitcoin, per esempio, impiega in media circa 8 minuti per avere una transazione scritta su un blocco della blockchain e validata da tutta la rete.
Se si dovesse pensare a una transazione fisica in un negozio, dover aspettare circa 8 minuti per essere sicuri di aver pagato e quindi ricevere la merce, potrebbe essere un intervallo di tempo un po’ lungo.
Per questo motivo si stanno studiando blockchain più veloci, ma non a scapito della sicurezza.
Una seconda criticità è ovviamente la stabilità del token. Nel caso in cui venissero emessi dei token con il primo metodo spiegato poco fa, servirebbe una vera grande riserva, in denaro o in titoli veramente poco rischiosi, per avere la sicurezza della reale stabilità, e anche avere fiducia in chi la gestirebbe.
Inoltre, bisogna anche considerare che i governi non sono molto favorevoli alla diffusione di metodi alternativi per lo scambio di merci e beni, come le stablecoin.
Basti pensare a Facebook, che nel 2019 si era fortemente inserita in questa realtà con la creazione di una sua blockchain, una sua stablecoin, Libra, e un suo wallet, Calibra, per poter permettere pagamenti fra utenti del proprio social, aprendo la strada a innumerevoli possibilità di business per l’azienda.
Il progetto, però, è stato bloccato dall’intervento del Senato degli Stati Uniti, e ha visto i dubbi di molti governatori e banche centrali.
Forse Libra è stato il primo progetto che ha aperto le porte a una stablecoin potenzialmente capace di scalare nell’economia globale, rendendo Facebook un pericoloso competitor del mondo bancario, con una totale disintermediazione dei pagamenti. Sicuramente, però, ha messo bene in evidenza il fatto che i governi non vedono di buon occhio qualunque mossa possa mettere in discussione la loro sovranità nella gestione della moneta e delle politiche monetarie.
Da qui parte anche la discussione verso la creazione di un euro digitale, una rappresentazione digitale dell’euro, governata dalla Banca Centrale Europea, che permetta di sfruttare le nuove tecnologie di pagamento senza cessione di sovranità, e con la sicurezza data dalla BCE, che garantirà il valore dell’euro digitale così come fa per le banconote cartacee.
Il progetto convince molto poco alcune persone, per come sarà strutturato e gestito. A una prima impressione, infatti, sembrerebbe che si voglia concentrare quasi tutto il potere nella BCE, andando contro il principio della decentralizzazione, principio cardine delle criptovalute e della blockchain.
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