Il sistema monetario europeo
Prima della costituzione dell’eurozona e dell’introduzione dell’euro, la Comunità Economica Europea stabilì un accordo di cooperazione monetaria, il Sistema Monetario Europeo, detto anche SME, che entrò in vigore il 13 marzo 1979.
A tale accordo prese parte anche il Regno Unito, seppure in una posizione marginale.
SME aveva come principale obiettivo quello di realizzare un mercato finanziario unico, con libera circolazione di capitali, e creare una zona di stabilità monetaria in Europa, alla luce del decennio precedente caratterizzato da profonde crisi valutarie.
A tal fine vennero approntati vari strumenti, tra i quali spiccavano:
- l’istituzione dell’ECU, l’European Currency Unit, un’unità di conto comune calcolata come la media ponderata delle valute dei Paesi membri della CEE, ognuna relazionata all’importanza economica del Paese corrispondente. L’ECU fu usata come una sorta di valuta virtuale, ossia un’unità di conto per la redazione del budget interno della Comunità europea, nonché per la regolazione delle posizioni debitorie tra le banche centrali;
- la definizione dei cosiddetti Accordi Europei di Cambio, AEC, attraverso i quali si definiva il cambio delle valute partecipanti in termini di un tasso centrale rispetto all’ECU, che veniva poi utilizzato per determinare una griglia di tassi di cambio bilaterali tra le stesse valute. I tassi di cambio potevano fluttuare intorno a questi tassi centrali bilaterali entro i margini di oscillazione stabiliti dagli AEC. Nel caso di eccessiva rivalutazione o svalutazione di una moneta rispetto a quelle del paniere, il governo nazionale doveva adottare le necessarie politiche monetarie per ristabilire l’equilibrio di cambio entro la banda d’oscillazione;
- la centralizzazione, presso il FECoM, Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria, del 20% delle riserve auree e del 20% delle riserve in dollari detenute da ciascuna banca centrale in cambio della creazione di conti in ECU. Tale centralizzazione rispondeva all’obiettivo di creare una banca centrale europea per il raggiungimento dell’Unione Economica Monetaria che, in seguito, sarebbe stata codificata con la conferenza intergovernativa di Maastricht del febbraio 1992.
Nei primi anni ’90 venne alla luce tutta la debolezza dello SME, messo a dura prova dalle diverse politiche economiche e dalle differenti condizioni dei Paesi membri, specialmente la Germania riunificata.
I tassi di interesse tedeschi furono aumentati per contenere le pressioni inflazionistiche dovute all’aumento della spesa pubblica interna, inducendo gli altri Paesi europei aderenti allo SME a innalzare a loro volta i tassi, in modo da rispettare le bande di oscillazione previste dall’accordo.
I mercati finanziari cominciarono a speculare sulla rottura dello SME, favoriti anche dall’assenza di limiti ai movimenti di capitale tra i Paesi aderenti.
Nel 1992 il sistema dei cambi fissi venne duramente colpito dalla speculazione.
La maggior parte delle banche centrali, in particolare quelle di Italia e Regno Unito, intervennero per impedire la svalutazione delle monete nazionali nei confronti del marco tedesco.
Il 16 settembre 1992 la Banca d’Inghilterra annunciò il distacco dallo SME. Il giorno dopo, a seguito dell’intensificazione degli attacchi speculativi, anche l’Italia abbandonò lo SME.
Questi fenomeni condussero, nel 1993, al cosiddetto Compromesso di Bruxelles che revisionava il sistema monetario, stabilendo una più ampia banda di fluttuazione per i tassi di cambio delle diverse valute europee rispetto al tasso centrale di parità.
Questa nuova ampiezza rese praticamente inoperante lo SME, in quanto essa aveva finito con l’esentare ogni banca centrale nazionale dall’obbligo di intervenire per mantenere il cambio entro la fascia di oscillazione precedente, più vincolante.
Nel 1994 fu costituito l’Istituto Monetario Europeo con sede a Francoforte, antenato dell’odierna Banca Centrale Europea, con il compito di accentuare il coordinamento delle politiche monetarie che rimanevano ancora sotto la responsabilità dei singoli Paesi.
Nel 1995 entravano a far parte dello SME anche la Finlandia e la Svezia, in quanto ammesse quali nuovi membri dell’Unione Europea, mentre l’adesione dell’Austria al sistema fu ritardata e preceduta da alcuni interventi del governo austriaco. L’Italia rientrò nello SME il 24 novembre 1996, dopo un’intensa trattativa sul cambio della lira italiana rispetto al marco.
La fine dello SME fu dichiarata ufficialmente a fine dicembre 1998.
L’ECU visse ufficialmente fino al 1º gennaio 1999, quando venne sostituito dall’euro, in un rapporto 1:1, per cui un euro al 1º gennaio 1999 aveva lo stesso valore di un ECU al 31 dicembre 1998, dando così vita all’eurozona.
A differenza dell’ECU, l’euro non aveva più la caratteristica di un paniere e venne cambiato con le varie monete nazionali secondo dei rapporti di conversione fissi.
Sempre dal 1° gennaio 1999 entrò in funzione il successore dello SME, lo SME II, ossia il nuovo Accordo Europeo di Cambio che costituì l’assetto per la cooperazione nelle politiche del cambio valutario tra gli stati dell’area dell’euro e quelli dell’Unione Europea che non facevano parte dell’UEM.
L’euro e l’eurozona
L’area dell’euro, brevemente detta anche eurozona, è quell’insieme costituito dagli Stati Membri dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come valuta ufficiale.
L’euro, introdotto il 1° gennaio 1999 come moneta virtuale per effettuare transazioni interbancarie e pagamenti senza contanti a fini contabili, è diventato una moneta reale, quindi, utilizzata anche dai cittadini per le transazioni quotidiane, solo a partire dal 1° gennaio 2002, quando iniziò a circolare sotto forma di monete e banconote, sostituendo così le monete nazionali.
Inizialmente l’euro entrò in vigore in undici degli allora quindici Stati membri dell’Unione. Nel 2001 si aggiunse all’eurozona la Grecia; nel 2007 la Slovenia; nel 2008 Malta e Cipro; nel 2009 la Slovacchia; nel 2011 l’Estonia; nel 2014 la Lettonia e, dal 1º gennaio 2015 anche la Lituania ha adottato la moneta unica.
Quattro microstati, Andorra, Città del Vaticano, il Principato di Monaco e San Marino, hanno adottato l’euro in virtù delle preesistenti condizioni di unione monetaria con Paesi membri della UE. Infine, anche il Montenegro e il Kosovo hanno adottato unilateralmente l’euro.
L’euro ha un forte peso sulla scena economica internazionale. Dalla sua introduzione nel 1999 esso si è affermato come una delle principali divise internazionali, seconda soltanto al dollaro statunitense. Inoltre, esso rappresenta la realizzazione di quel processo di integrazione europea che aveva avuto lo SME come antenato.
I tassi di cambio tra l’euro e le valute nazionali dei Paesi dell’Eurozona sono irrevocabilmente fissi e costituiscono il risultato di una procedura di rilevazione che i Paesi concordarono nel definire l’Unione Economica e Monetaria.
L’euro ha sostituito l’ECU, l’European Currency Unit, ovvero “unità di conto europea” introdotta dal Consiglio Europeo nel 1978, con un tasso di cambio di 1 a 1.
Il 31 dicembre 1998 le Banche Centrali Europee fecero una sorta di fixing della quotazione delle valute e ne derivarono il valore dell’ECU a quella data; questo valore fu fissato come valore dell’euro.
Essendo l’Ecu una “valuta paniere” il cui valore dipendeva dalle quotazioni sui mercati monetari delle singole monete che facevano, all’epoca, parte dell’UE, il tasso di conversione dalle divise locali all’euro variò sensibilmente da Paese a Paese. Per l’Italia il tasso di conversione fu pari a 1936,27.
Le politiche monetarie dell’eurozona sono regolate esclusivamente dalla BCE, Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte.
Istituita il 1º giugno 1998 la BCE è dotata di personalità giuridica e gode di un’indipendenza assoluta rispetto alle istituzioni nazionali ed europee.
Gli obiettivi principali della BCE sono:
- il mantenimento della stabilità dei prezzi, mediante la definizione della politica monetaria dell’Unione, ottenuta tenendo sotto controllo l’inflazione;
- la stabilità del sistema finanziario, assicurandosi che i mercati finanziari e le istituzioni siano controllati in modo appropriato.
La BCE lavora in collaborazione con le banche centrali nazionali dei Paesi dell’UE e insieme costituiscono il Sistema europeo delle banche centrali, il SEBC.
Tra le funzioni monetarie della BCE vanno evidenziate:
- il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote e monete. Le banche centrali nazionali possono emettere monete, ma è la BCE che autorizza previamente i quantitativi;
- fissare i tassi d’interesse di riferimento per l’area euro e controllare la massa monetaria;
- gestire le riserve in valuta estera dell’area euro e comprare o vendere valute quando si presenta la necessità di mantenere in equilibrio i tassi di cambio;
- accertarsi che le istituzioni e i mercati finanziari siano adeguatamente controllati dalle autorità nazionali, e che i sistemi di pagamento funzionino correttamente.
Vale la pena evidenziare che l’Unione europea non è una federazione come gli Stati Uniti, perché i suoi Stati membri rimangono nazioni sovrane indipendenti, e non è nemmeno un’organizzazione intergovernativa come le Nazioni Unite, perché i Paesi membri dell’UE raggruppano la loro sovranità adottando decisioni comuni mediante istituzioni condivise come il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e il Consiglio dell’Unione europea.
Il bilancio dell’UE è finanziato da varie fonti, tra le quali una percentuale del reddito nazionale lordo di ciascun Paese membro.
Le entrate dell’UE non derivano solo dai contributi dei Paesi membri, ma anche da dazi all’importazione sui prodotti provenienti dall’esterno dell’Unione e da una percentuale dell’IVA riscossa da ciascun Paese.
In questo contesto gli appartenenti all’eurozona discutono l’armonizzazione delle politiche economiche e fiscali attraverso le periodiche riunioni dell’Eurogruppo, organismo composto dai ministri dell’economia e delle finanze degli Stati aderenti alla valuta comune.
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