Fondi comuni di investimento: cosa sono, come funzionano e tipologie

In Italia, i fon­di comu­ni di inves­ti­men­to sono isti­tu­ti d’intermediazione finanziaria.

La loro fun­zione è quel­la di rac­cogliere cap­i­tali dai risparmi­a­tori per poi inve­stir­li sul mer­ca­to.

L’obiettivo prin­ci­pale è quel­lo di accrescere il val­ore del pat­ri­mo­nio del fon­do ges­ten­do diverse tipolo­gie di asset.

Come funzionano i fondi comuni di investimento

Le prin­ci­pali com­po­nen­ti dei fon­di comu­ni di inves­ti­men­to sono tre:

  1. gli investi­tori, che sono col­oro che effet­ti­va­mente ver­sano il pro­prio cap­i­tale nel fon­do, per questo anche defin­i­ti fondisti. Questi ulti­mi otten­gono quote dei fon­di comu­ni di inves­ti­men­to in pro­porzione al cap­i­tale ver­sato;
  2. il denaro viene poi gesti­to da una soci­età che è respon­s­abile dell’attività del fon­do stes­so, tra cui il suo avvio e la stesura del rego­la­men­to. La soci­età, infine, gestisce il portafoglio deci­den­do su quali asset inve­stire il cap­i­tale rac­colto;
  3. i titoli del fon­do sono preser­vati nelle banche deposi­tarie, che deten­gono anche le disponi­bil­ità liq­uide e han­no la fun­zione di con­trol­lori dell’attività del fon­do con­sideran­do sia il rego­la­men­to inter­no del fon­do sia la leg­is­lazione del­la Ban­ca d’Italia per i fon­di comu­ni di inves­ti­men­to con sede nel nos­tro Paese.

I costi che deve affrontare un risparmi­a­tore pren­den­do quote di un fon­do sono essen­zial­mente tre:

  1. la com­mis­sione di ingres­so, ovvero il cos­to per entrare for­mal­mente in un fon­do. Per invogliare i risparmi­a­tori a inve­stire quote più ele­vate la com­mis­sione di ingres­so, soli­ta­mente, è inver­sa­mente pro­porzionale alla quan­tità di denaro investi­to. Ovvero più si investe, meno alto è il cos­to di ques­ta com­mis­sione. I fon­di che non richiedono ques­ta pri­ma spe­sa sono denom­i­nati no load;
  2. la ges­tione del fon­do che si paga annual­mente;
  3. potrebbe essere appli­ca­ta una com­mis­sione di per­for­mance, che non viene appli­ca­ta da tut­ti i fon­di. Alcu­ni di questi potreb­bero inserir­la qualo­ra il fon­do reg­istri prestazioni pos­i­tive oltre a un para­metro pre­fis­sato.

Investen­do in fon­di, prati­ca­mente i risparmi­a­tori del­egano al fon­do la respon­s­abil­ità su come inve­stire il loro denaro.

Il rendi­men­to non è assi­cu­ra­to e i risparmi­a­tori devono essere a conoscen­za che potreb­bero esser­ci delle perdite qualo­ra gli inves­ti­men­ti non dovessero andare a buon fine.

In caso oppos­to, ovvero se gli asset scelti dai fon­di comu­ni di inves­ti­men­to dovessero avere delle per­for­mance pos­i­tive, i risparmi­a­tori avreb­bero dei prof­itti.

Rendimento e tassazione dei fondi comuni di investimento

Dal momen­to che un fondista è sostanzial­mente un “azion­ista” del fon­do stes­so, ovvero ha acquis­ta­to una parte di questo, il rendi­men­to dipende dall’andamento del val­ore del fon­do.

Ogni giorno i val­ori dei fon­di comu­ni di inves­ti­men­to ven­gono aggior­nati sui siti di finan­za, sul­la stam­pa o anche diret­ta­mente sul sito web del fon­do selezion­a­to.

Per cal­co­lare i rendi­men­ti dati da un fon­do, bas­ta aggiun­gere o sot­trarre, in caso di per­for­mance neg­a­ti­va del fon­do, la per­centuale di vari­azione alla quo­ta ver­sa­ta.

Ipo­tizzi­amo che un investi­tore abbia ver­sato 10.000€ in un fon­do e questo otten­ga una per­for­mance pos­i­ti­va del 2%. La plus­valen­za sarà di 200€ e la pro­pria quo­ta salirebbe a 10.200€.

La tas­sazione per i fon­di comu­ni di inves­ti­men­to segue in Italia quel­la per le ren­dite finanziarie, che è del 26%. Queste van­no pagate nel momen­to in cui si liq­ui­da il fon­do, ovvero nel momen­to in cui si entra in pos­ses­so del denaro guadag­na­to gra­zie alle even­tu­ali plus­valen­ze.

Se invece il fon­do è straniero l’aliquota è sem­pre del 26%, ma bisogna fare una pic­co­la dis­tinzione.

Con i fon­di armo­niz­za­ti UE, se risul­tano per­cepi­ti sen­za l’intervento di un inter­me­di­ario ital­iano, allo­ra si deve oper­are in regime dichiar­a­ti­vo. Questo sig­nifi­ca che spet­ta al con­tribuente ver­sare l’imposta sos­ti­tu­ti­va del 26%.

Con i fon­di non armo­niz­za­ti UE, bisogn­erà provvedere al riem­pi­men­to del­la casel­la apposi­ta, dal momen­to che la liq­uidazione non è al net­to delle tasse.

Tipologie

FONDI DI FONDI

I fon­di di fon­di non sono altro che fon­di comu­ni di inves­ti­men­to che inve­stono su altri fon­di.

Ques­ta tipolo­gia, infat­ti, invece di inve­stire diret­ta­mente su un asset finanziario, decide di inve­stire il cap­i­tale rac­colto su altri fon­di.

Spes­so questi fon­di adot­tano la diver­si­fi­cazione e inve­stono su fon­di con tar­get di mer­ca­to dif­fer­en­ti fra loro per abbat­tere il ris­chio, com­pre­si gli hedge fund.

Sebbene la diver­si­fi­cazione pos­sa essere con­sid­er­a­ta un van­tag­gio di questo tipo di fon­do, d’altra parte il risparmi­a­tore potrebbe non com­pren­dere esat­ta­mente la meta del cap­i­tale investi­to, andan­do incon­tro a prob­le­mi di trasparen­za.

Le com­mis­sioni di ges­tione di ques­ta tipolo­gia di fon­di potreb­bero essere ele­vate. Infat­ti, il risparmi­a­tore potrebbe dover­le pagare sia al fon­do di fon­di sia ai vari fon­di scelti dal fon­do prin­ci­pale.

FONDI IMMOBILIARI

I fon­di immo­bil­iari sono fon­di comu­ni di inves­ti­men­to che inve­stono non meno di 2/3 del cap­i­tale a dis­po­sizione in beni immo­bili, in dirit­ti reali immo­bil­iari e nell’ottenimento di quote in soci­età immo­bil­iari.

In Italia, questo stru­men­to finanziario esiste dal 1998.

Per aderire a un fon­do immo­bil­iare, un investi­tore deve com­prare delle quote del fon­do che quest’ultimo ha mes­so a dis­po­sizione. Le quote non sono illim­i­tate, infat­ti quan­do queste finis­cono, le sot­to­scrizioni al fon­do ter­mi­nano.

Una vol­ta rac­colti i sol­di dei risparmi­a­tori, il fon­do inizierà ad acquistare beni immo­bili.

La dura­ta di un fon­do può vari­are e può arrivare anche fino ai 30 anni e bisogna atten­dere la sca­den­za per recu­per­are il cap­i­tale investi­to, a meno che non si voglia vendere la pro­pria quo­ta sul mer­ca­to, dato che alcu­ni fon­di immo­bil­iari han­no una quo­tazione in bor­sa.

Alla sca­den­za se un bene immo­bile ha vis­to crescere il pro­prio val­ore la per­for­mance dell’investimento può definir­si pos­i­ti­va e il risparmi­a­tore otter­rà un guadag­no, oltre al recu­pero del cap­i­tale investi­to. In caso di per­for­mance neg­a­ti­va l’investitore avrà indi­etro solo una parte del cap­i­tale investi­to.

FONDI SPECULATIVI

I fon­di comu­ni di inves­ti­men­to spec­u­la­tivi sono meglio conosciu­ti con il loro ter­mine inglese hedge funds.

Il loro scopo è quel­lo di ottenere un rendi­men­to con­tin­uo nel tem­po operan­do sia in otti­ca rib­assista che rialzista. Un hedge fund fa oper­azioni ad alto ris­chio per ottenere un alto rendi­men­to.

I fon­di spec­u­la­tivi uti­liz­zano prin­ci­pal­mente stru­men­ti finanziari come la ven­di­ta allo scop­er­to, stru­men­ti derivati come opzioni e futures, il cosid­det­to hedg­ing e sfrut­tano le poten­zial­ità del­la leva finanziaria.

L’hedging non è altro che la cop­er­tu­ra del ris­chio per pro­tegger­si dalle con­seguen­ze legate a un’altra oper­azione. Infat­ti, se una di queste dovesse subire delle perdite, con la strate­gia dell’hedging il fon­do potrebbe posizionar­si su un altro asset per con­tro­bi­lan­cia­re la perdi­ta.

In Italia vigono delle norme volte a ridurre il numero di cli­en­ti dei fon­di spec­u­la­tivi, dato l’alto ris­chio insi­to nelle loro oper­azioni.

Innanz­i­tut­to, per gestire un hedge fund devono esser­ci soci­età appo­site e per parte­ci­parvi ten­den­zial­mente ogni sogget­to non può inve­stire meno di 500.000€. Non si può, inoltre, pub­bli­ciz­zare la ces­sione di quote di parte­ci­pazione del fon­do spec­u­la­ti­vo.

Il lim­ite min­i­mo di 500.000 euro con­sente di fat­to la parte­ci­pazione a un fon­do spec­u­la­ti­vo solo a cli­en­ti con un red­di­to molto alto. 

FONDI INDICIZZATI

I fon­di indi­ciz­za­ti, in inglese index fund, sono fon­di comu­ni di inves­ti­men­to che gestis­cono il pro­prio portafoglio in modo pas­si­vo. Il fine dell’index fund è quel­lo di repli­care la prestazione di un indice di mer­ca­to.

Per esem­pio, un fon­do indi­ciz­za­to sul mer­ca­to ital­iano potrebbe repli­care l’andamento dell’indice FTSE MIB, ovvero il listi­no che rac­chi­ude le 40 soci­età ital­iane quo­tate nel­la Bor­sa ital­iana con più cap­i­tal­iz­zazione.

Un index fund può, però, scegliere di inserire nel pro­prio portafoglio solo alcu­ni titoli del mer­ca­to scel­to e non l’intero indice, selezio­nan­do quin­di con cura i titoli azionari.

Il van­tag­gio dei fon­di indi­ciz­za­ti è cos­ti­tu­ito dai bassi costi di ges­tione.

GLI ETF E GLI ETC

ETF è l’acronimo di Exchange Trad­ed Fund, men­tre ETC sta per Exchange Trad­ed Com­modi­ties. Gli ETF sono fon­di comu­ni di inves­ti­men­to che han­no come obi­et­ti­vo quel­lo di repli­care un indice di mer­ca­to, sono infat­ti sim­ili sot­to alcu­ni aspet­ti agli index fund.

Gli ETF pos­sono essere scam­biati sul mer­ca­to finanziario, non solo su Bor­sa Ital­iana, ma anche su altre borse in tut­to il globo.

Gli ETC cir­co­scrivono la pro­pria attiv­ità sull’andamento del prez­zo di una sin­go­la mate­ria pri­ma o di un indice che ne rac­chi­ude più di una.

I fon­di ETF han­no un portafoglio molto diver­si­fi­ca­to per abbat­tere il ris­chio ed evitare la perdi­ta del cap­i­tale investi­to. Infat­ti, se uno o più titoli dovessero subire per­for­mance neg­a­tive, altri titoli potreb­bero com­pen­sare le perdite e per­me­t­tere al fon­do di ottenere una per­for­mance pos­i­ti­va.

OICR: ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO DEL RISPARMIO

OICR è una sigla e sta per Organ­is­mi di Inves­ti­men­to Col­let­ti­vo del Risparmio.

Questi pro­muovono, isti­tu­is­cono e orga­niz­zano fon­di comu­ni di inves­ti­men­to.

Il loro obi­et­ti­vo è quel­lo di ottenere un prof­it­to investen­do i fon­di rac­colti, pro­prio come avviene negli altri fon­di comu­ni.

Gli Organ­is­mi di Inves­ti­men­to Col­let­ti­vo del Risparmio pos­sono essere anche SICAV, fon­di a cap­i­tale vari­abile, o SICAF, fon­di a cap­i­tale fis­so.

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