A tre anni dall’inizio del conflitto con la Russia, il bilancio della guerra in Ucraina è pesantissimo: i danni economici per il paese ammontano a circa il doppio del valore del suo PIL. A sostenere l’economia ucraina, ormai fortemente compromessa, sono soprattutto l’Europa e gli Stati Uniti. Ma quanto è costato davvero questo conflitto? Quali effetti ha generato? E chi sta realmente affrontando le conseguenze economiche?
Il PIL di Russia e Ucraina a tre anni dall’inizio del conflitto
Analizzando la situazione economica, la Russia registra oggi un Prodotto Interno Lordo di poco superiore ai 2.000 miliardi di dollari, una cifra paragonabile a quella dell’Italia (circa 2.200 miliardi). L’Ucraina, invece, presenta un’economia di dimensioni molto più contenute: il suo PIL si aggira intorno ai 200 miliardi di dollari, pari a circa un decimo di quello russo. Il conflitto ha colpito duramente Kiev, con una contrazione del Pil di circa il 20%, una perdita decisamente più marcata rispetto a Mosca, accentuando uno squilibrio economico preesistente.
Attualmente, il reddito medio per abitante in Russia è circa il doppio rispetto a quello ucraino. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, il reddito pro-capite dell’Ucraina si è dimezzato, ha poi recuperato parzialmente, ma non è mai tornato ai livelli precedenti, fermandosi a circa il 75% di quanto registrato in epoca sovietica.
Anche la Russia ha attraversato una fase difficile nei primi anni dopo il 1991. Tuttavia a partire dal 2000 il reddito pro-capite reale è cresciuto significativamente, arrivando oggi a superare del 20% i livelli raggiunti durante l’epoca sovietica. Questo risultato è stato possibile grazie alle esportazioni energetiche, soprattutto gas e petrolio, i cui prezzi sono aumentati proprio in seguito alla guerra in Ucraina. Le sanzioni internazionali, pur pesanti, non hanno inciso in modo determinante sull’economia russa. L’Ucraina, invece, ha mantenuto un’economia legata a settori tradizionali come l’agricoltura e l’estrazione mineraria. Mentre la corruzione e la gestione predatoria delle risorse pubbliche da parte degli oligarchi hanno avuto un impatto ancora più distruttivo rispetto a quanto accaduto in Russia.
Il valore del supporto economico e militare a Kiev da parte di Europa e Stati Uniti
L’Ucraina ha potuto far fronte sia alle esigenze economiche che alle operazioni militari grazie al consistente sostegno internazionale. Secondo i dati raccolti dall’Ukraine Support Tracker dell’Università di Kiel, nel corso di tre anni di conflitto il Paese ha ricevuto complessivamente 267 miliardi di euro in aiuti. Circa metà di questa somma è stata utilizzata per forniture militari e supporto bellico, 118 miliardi sono stati destinati a assistenza finanziaria e 19 miliardi a interventi umanitari.
L’Europa ha contribuito più degli Stati Uniti al totale degli aiuti. I Paesi europei hanno fornito 62 miliardi in armi e 70 miliardi in altre forme di supporto, mentre Washington ha inviato 64 miliardi in armamenti e 50 miliardi in aiuti economici e umanitari. L’invio di armi è diventato progressivamente più rilevante, passando inizialmente da trasferimenti provenienti dai magazzini militari dei Paesi occidentali a consegne basate su nuove produzioni industriali, sia europee che statunitensi.
Il contributo europeo include forniture dirette da parte dei singoli Stati membri e risorse erogate attraverso strumenti comuni come l’European Peace Facility, che centralizza gli aiuti militari, e l’Ukraine Assistance Fund. In totale, Bruxelles ha fornito armamenti per 11,1 miliardi di euro, stando ai dati ufficiali del Consiglio europeo.
Considerando sia le spese militari sostenute internamente che il sostegno ricevuto dall’estero, il costo complessivo diretto della guerra per Kiev è stato finora superiore al doppio del valore del suo Prodotto Interno Lordo.
Come la guerra in Ucraina ha inciso sulla vita dei cittadini europei
Le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina si estendono ben oltre i confini dei due Paesi coinvolti. Uno degli effetti più immediati e tangibili per l’Europa è stato il rincaro dei prezzi dell’energia, innescato dall’invasione russa. In Italia, ad esempio, il costo del gas è salito fino al 70%, contribuendo in modo determinante all’impennata dell’inflazione: 8,7% nel 2022 e 6% nel 2023. Questo ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie, colpendo in modo più duro le fasce di popolazione a basso reddito e ampliando le disuguaglianze sociali.
Di fronte all’inflazione, la risposta delle istituzioni occidentali è stata quella di adottare politiche monetarie restrittive. In linea con l’approccio neoliberale che caratterizza l’economia europea, invece di intervenire direttamente per contenere i prezzi dell’energia o limitare la speculazione sui mercati, si è optato per l’aumento dei tassi d’interesse. Questa scelta ha avuto effetti negativi sulla crescita economica, spingendo diversi Paesi, tra cui l’Italia, verso la stagnazione o addirittura la recessione.
Inoltre, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia, la fine degli acquisti europei di energia da Mosca e il blocco delle esportazioni verso il mercato russo hanno danneggiato in particolare le economie più industrializzate, come quelle di Germania e Italia. Il risultato è stato un ulteriore incremento dei costi e una contrazione della produzione.
La corsa agli armamenti in Europa: effetti e conseguenze
La guerra in Ucraina ha accelerato una tendenza già in atto da anni: l’aumento della spesa militare da parte dei Paesi europei membri della NATO. Tra il 2014 e il 2024, questo incremento ha raggiunto il 66% in termini reali. Solo nell’ultimo anno, dal 2023 al 2024, si è registrato un balzo del 17%. Complessivamente, nel 2024 la spesa per la difesa nell’Unione europea ha toccato i 346 miliardi di euro, una cifra che supera di oltre tre volte quella stimata per la Russia, secondo i dati del SIPRI.
Questo potenziamento militare non è privo di conseguenze. Le rigide regole fiscali del Patto di stabilità europeo, che limitano la spesa pubblica, hanno fatto sì che l’aumento degli investimenti nella difesa si traducesse spesso in tagli ad altri settori essenziali: sanità, istruzione, ricerca, welfare ambientale e pensioni. Di conseguenza, la qualità della vita per ampie fasce della popolazione è peggiorata, alimentando un crescente malessere sociale.
In Italia, come nel resto d’Europa, l’impoverimento e la percezione di insicurezza economica hanno contribuito in modo significativo a spostare il consenso politico verso formazioni populiste o di estrema destra, segnando un cambiamento profondo nel panorama politico del continente.
Il peso della guerra in Ucraina ricade soprattutto sull’Europa
Dopo tre anni di guerra tra Russia e Ucraina, l’analisi dei dati economici e delle trasformazioni politiche lascia emergere un quadro preoccupante. L’Ucraina, sempre più dipendente dal sostegno occidentale, appare oggi come uno Stato fortemente indebolito: la sua economia e la prosecuzione del conflitto sono rese possibili solo grazie all’aiuto finanziario e militare dell’Occidente.
Nel frattempo, la Russia ha mostrato una maggiore resilienza economica, rafforzando la propria posizione sul piano internazionale e consolidando internamente un sistema autoritario a guida nazionalista, centrato intorno alla figura di Vladimir Putin.
È l’Europa, però, ad aver sopportato gran parte delle ricadute del conflitto. Politicamente, si è trovata marginalizzata sia da Washington, sotto la guida di Biden e ancor più con Trump, sia nel contesto dei negoziati, che non è stata in grado di promuovere o guidare. La rottura dei rapporti con Mosca ha compromesso decenni di cooperazione economica ed energetica, mentre la relazione transatlantica ha mostrato segnali di instabilità.
Le ripercussioni economiche non sono state meno gravi:
- inflazione,
- crescita rallentata,
- impoverimento diffuso,
- tensioni sociali;
tutto ciò ha colpito in modo trasversale molti Paesi europei. Sotto la spinta dell’emergenza bellica e con il pretesto della solidarietà verso Kiev, l’Unione europea sta progressivamente cambiando pelle: da progetto fondato sull’integrazione e sulla pace, si sta trasformando in una potenza militare in costruzione, dando vita a un complesso militare-industriale che, però, resta tecnologicamente subordinato agli Stati Uniti.
Le ripercussioni economiche della guerra sull’Eurozona e sull’Italia
Secondo le più recenti analisi pubblicate da S&P Global Ratings, l’impatto della guerra in Ucraina sulla crescita economica dell’Eurozona sarà particolarmente rilevante, soprattutto nel corso dell’anno attuale.
Le stime indicano una progressiva decelerazione del PIL reale: si prevede una crescita del 3,1% nel 2022, che dovrebbe ridursi al 2,1% nel 2023 e all’1,5% nel 2024. Questi dati rappresentano una revisione al ribasso rispetto alle previsioni formulate nel novembre 2021, con un taglio di 1,6 punti percentuali per il 2022. I motivi principali di questa correzione includono:
- il forte aumento dei prezzi energetici,
- la perdita di fiducia che pesa sulla domanda interna,
- il peggioramento del quadro economico russo, che ha avuto un impatto negativo anche sugli scambi commerciali con i Paesi dell’area euro.
Anche l’andamento dei prezzi al consumo ha subito modifiche significative. L’inflazione core, calcolata escludendo beni energetici e alimentari, è stata rivista al rialzo. La Banca Centrale Europea prevede che nel 2022 l’inflazione si attesterà intorno al 2,6%, spinta soprattutto dal rincaro dei servizi, dagli effetti indiretti dell’aumento dei costi dell’energia e dalle persistenti difficoltà nelle catene di approvvigionamento. Tuttavia, con l’allentarsi di queste pressioni, si ipotizza un rallentamento del tasso d’inflazione all’1,8% nel 2023 e un lieve aumento all’1,9% nel 2024.
E per quanto riguarda l’Italia?
Per quanto riguarda l’Italia, uno degli aspetti più critici riguarda la dipendenza energetica. Il nostro Paese copre circa il 43% del fabbisogno di gas naturale con importazioni dalla Russia, mentre il restante proviene da Algeria (23%), Norvegia (11%) e Qatar (10%).
Il prolungarsi delle limitazioni nella fornitura di gas russo ha comportato un sensibile aumento dei costi energetici, con effetti a catena anche su altri settori industriali, già messi alla prova da una congiuntura economica instabile.
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