Indici di bilancio: cosa sono e tipologie

Gli indi­ci di bilan­cio sono degli stru­men­ti uti­liz­za­ti per capire lo sta­to di salute delle imp­rese.

In econo­mia, esistono due modal­ità per effet­tuare un’accurata val­u­tazione attuale, stor­i­ca e prospet­ti­ca, del­la situ­azione finanziaria ed eco­nom­i­ca di un’impresa.

La pri­ma è quel­la sta­t­i­ca, che ricorre agli indi­ci e ai mar­gi­ni. La sec­on­da è quel­la dinam­i­ca, nota anche come anal­isi dei flus­si.

Affinché un’impresa abbia un buon equi­lib­rio eco­nom­i­co, sono due le con­dizioni da sod­dis­fare:

  • i ricavi super­a­no, o almeno pareg­giano, il vol­ume dei costi;
  • l’azienda ha rag­giun­to un’adeguata poten­za finanziaria.

Più appro­fon­di­ta­mente, l’analisi di un’azienda si muove su tre diret­tri­ci:

  • quel­la pat­ri­mo­ni­ale, in cui ven­gono inda­gate la strut­tura e l’autonomia finanziaria;
  • quel­la rel­a­ti­va alla liq­uid­ità, utile per deter­minare se un’azienda è in gra­do di ono­rare i pro­pri deb­iti;
  • quel­la di red­di­tiv­ità.

Quali sono gli indicatori di bilancio

Iniziamo dagli indi­ci che anal­iz­zano la situ­azione pat­ri­mo­ni­ale di un’impresa.

Ques­ta cat­e­go­ria si divide prin­ci­pal­mente in due grup­pi: l’anal­isi di strut­tura e l’anal­isi di autono­mia finanziaria.

Nel­la pri­ma cat­e­go­ria ritro­vi­amo gli indi­ci per l’analisi del­la rigid­ità delle fonti di cap­i­tale, utili a deter­minare il gra­do di cop­er­tu­ra finanziaria di attiv­ità con cap­i­tale pro­prio e deb­iti a lun­go ter­mine. In questo caso, un val­ore alto riduce il ris­chio per l’azienda di ritrovar­si nel­la situ­azione di non pot­er ono­rare i pro­pri deb­iti.

Vi è poi l’indice rel­a­ti­vo all’analisi dell’elasticità degli inves­ti­men­ti, che si rica­va dal rap­por­to tra le attiv­ità cor­ren­ti e le attiv­ità totali.

Infine, ci sono gli indi­ca­tori sul­la rigid­ità degli inves­ti­men­ti, che ril­e­vano l’impatto delle immo­bi­liz­zazioni sul totale degli inves­ti­men­ti.

Nel­la sec­on­da cat­e­go­ria, l’analisi di autono­mia finanziaria, sono tre gli indi­ci di rifer­i­men­to.

Il pri­mo misura il gra­do di cop­er­tu­ra delle immo­bi­liz­zazioni, il cui val­ore si rica­va som­man­do i deb­iti da immo­bi­liz­zazioni di lun­go ter­mine al cap­i­tale net­to, e div­i­den­do il risul­ta­to per le immo­bi­liz­zazioni nette.

Il sec­on­do indice, invece, ril­e­va il gra­do di cop­er­tu­ra delle immo­bi­liz­zazioni, che si misura div­i­den­do il cap­i­tale net­to per le immo­bi­liz­zazioni nette.

Il ter­zo è l’indicatore rel­a­ti­vo alla cop­er­tu­ra delle attiv­ità, che riv­ela la capac­ità dell’azienda di far fronte agli inves­ti­men­ti con cap­i­tale pro­prio. In questo caso, si divide il cap­i­tale net­to per l’attività, molti­pli­can­do poi il risul­ta­to per cen­to.

Esistono poi gli indi­ci di bilan­cio che ril­e­vano la liq­uid­ità, che sono cru­ciali per val­utare la capac­ità di un’azienda di ono­rare i pro­pri deb­iti nel breve peri­o­do.

In questo caso, sono due gli indi­ca­tori prin­ci­pali di rifer­i­men­to:

  • l’indice di liq­uid­ità gen­erale, che evi­den­zia la capac­ità di un’impresa di coprire le pas­siv­ità rispet­to alle attiv­ità cor­ren­ti. Per ottenere questo para­metro, è nec­es­sario dividere l’attivo cir­colante per i deb­iti a breve ter­mine;
  • l’indice di liq­uid­ità pri­maria, ovvero il tas­so di cop­er­tu­ra delle pas­siv­ità con liq­uid­ità imme­di­a­ta. La for­mu­la si rica­va sot­traen­do le scorte di mag­a­zz­i­no all’attività cir­colante, div­i­den­do tut­to poi per le pas­siv­ità cor­ren­ti.

Infine, ci sono gli indi­ci che ril­e­vano la red­di­tiv­ità di una grandez­za rispet­to a un’altra nel bilan­cio di un’azienda. Tra questi tro­vi­amo:

  • il Return On Invest­ment, ROI, che si cal­co­la div­i­den­do il red­di­to oper­a­ti­vo per il cap­i­tale investi­to, deter­mi­nan­do di con­seguen­za quan­to rende quest’ultimo. In base al val­ore mis­ura­to dall’indicatore, sono tre gli sce­nari che si pos­sono con­cretiz­zare. Il red­di­to oper­a­ti­vo è più ele­va­to rispet­to al cap­i­tale investi­to, per cui l’investimento rende più del cos­to del denaro. Il red­di­to oper­a­ti­vo e cap­i­tale investi­to si eguagliano, ren­den­do dunque nul­lo l’investimento. Il red­di­to oper­a­ti­vo è infe­ri­ore al cap­i­tale investi­to, il che può deter­minare la neces­sità di speg­nere gli inves­ti­men­ti per non perdere ulte­ri­ore denaro;
  • il Return On Equi­ty, ROE, che ha la stes­sa fun­zione del ROI, ma prende in con­sid­er­azione il cap­i­tale investi­to dai soci. Si rica­va div­i­den­do il red­di­to net­to per il cap­i­tale pro­prio investi­to, molti­pli­ca­to per cen­to;
  • il Return On Assets, ROA, che misura la red­di­tiv­ità degli inves­ti­men­ti, dif­feren­zian­dosi dal ROI per­ché prende in con­sid­er­azione l’intero atti­vo di un’azienda, e si cal­co­la div­i­den­do l’utile pre-oneri finanziari per il totale dell’attivo;
  • il Return On Sales, ROS, invece misura il mar­gine di prof­it­to sulle ven­dite com­para­n­do il red­di­to oper­a­ti­vo con il fat­tura­to;
  • l’AT, che si cal­co­la div­i­den­do il fat­tura­to per il cap­i­tale investi­to;
  • il Lever­age, che misura il gra­do di indeb­ita­men­to di un’impresa.

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