“Se nel 1976, Steve Jobs mi avesse chiamato, avrei sicuramente investito nella sua startup!”
Ti è mai capitato di sentire o dire una frase simile?
Pensa che furono chiamati centinaia di investitori in quel periodo da Jobs, ma solo Mike Markkula decise di investire nella Apple Computer Company. Come mai?
Di solito per startup si intende un’attività aperta recentemente con idee e scopi innovativi difficilmente confrontabili con altre realtà già esistenti.
Già solo questa caratteristica spiega perché investire in startup è ritenuto molto rischioso.
Altra importante conseguenza della natura delle startup è che il loro finanziamento difficilmente passa dai tradizionali canali bancari, poiché richiede una valutazione qualitativa dell’idea alla base dell’impresa e non solo.
Investire in startup può portare grandi guadagni sul lungo termine a fronte però di un grande rischio. Per questo motivo non si può biasimare chi non ha investito nella startup di Steve Jobs nel 1976.
Che cosa sono le startup
Molto spesso si usa il termine startup in maniera erronea per definire una qualsiasi attività appena aperta. Quando in realtà un’azienda per essere classificata come tale deve rispettare specifici canoni.
Una startup viene definita in questo modo se e solo se viene fondata con lo scopo di portare sul mercato un prodotto o un servizio innovativo, non per forza di genere tecnologico o digitale. Questa principale caratteristica quindi esclude tutte le altre attività imprenditoriali che semplicemente sono state avviate recentemente.
In Italia, un’azienda per essere definita startup deve rispettare i requisiti del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, tra i quali:
- dev’essere costituita e svolgere attività d’impresa da meno di sessanta mesi;
- non dev’essere stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;
- non distribuisce, e non ha distribuito, utili;
Quest’ultima caratteristica può far capire che chi investe in start up, lo fa con una prospettiva a lungo termine, dato che non si sa mai di preciso quando la startup raggiungerà la fase di exit, ovvero il momento in cui inizia a distribuire dividendi o comunque a generare un utile agli investitori.
Dopo questa fase, l’azienda non è più considerata una startup.
Le fasi di una startup
Quando una startup prende vita, è molto difficile prevedere quelle che saranno le spese necessarie. Inoltre una startup di solito tende a crescere ed espandersi molto velocemente.
Questi due fattori fanno si che essa sia alla ricerca costante di fondi per continuare a sopravvivere.
Esistono vari metodi per finanziare una startup che dipendono dalla fase del ciclo di vita nella quale essa si trova. Queste fasi sono:
Pre-seed
Questa è la fase embrionale della startup dove praticamente esiste solo l’idea e si cerca di validare il mercato, ovvero di capire se i potenziali clienti percepiscono un determinato bisogno e sono disposti a pagare per la soluzione che si vuole proporre.
In questo stadio la startup coinvolge le prime persone per creare un piccolo team di lavoro, e se necessario, e se possibile, crea un primo prototipo.
Le persone che investono in questo momento di solito sono persone vicine, familiari e amici, o i “folli” in gergo. Per questo motivo questa fase viene anche simpaticamente chiamata fase FFF (Friends, Family and Foolish).
Questa fase è molto cruciale per la startup, perché se eseguita nella maniera corretta, i founder hanno ben chiaro fin da subito se andare avanti o fermare tutto.
Seed
In questo punto, se non è già stato fatto, la startup affina il business model canvas, struttura il business plan e inizia a creare un MVP (Minimum Viable Product).
Avendo testato un po’ il mercato, e quindi avendo qualche dato alla mano concreto, la startup inizia di solito anche ad avere degli investimenti più corposi tramite alcune forme di crowdfunding o grazie a quelli che vengono definiti angel investor.
Questo genere di investitori, di solito, decidono di investire nelle startup, a patto che possano essere coinvolti nel progetto. In questa maniera possono controllare meglio il rischio che la startup fallisca.
Early Stage
In questa fase, la startup cerca di individuare il giusto product market fit, ovvero un prodotto che soddisfa nei migliori dei modi il mercato e che viene venduto al meglio, grazie ad uno studio più accurato del mercato.
Questo significa che non si lavora solo per perfezionare il prodotto, ma anche sul processo di vendita per trasformare più potenziali clienti possibili in clienti paganti.
La capacità della startup di attrarre investimenti è molto importante in questa fase, perché può determinare la vita o la morte della startup. Si solito si iniziano anche a coinvolgere investitori istituzionali di venture capital o equity crowdfunding.
Early Growth
Una volta che il mercato è stato ben testato e si è sviluppato un buon MVP, di solito la startup lavora sul business model per trovare la combinazione vincente che permetta di scalare e crescere l’azienda.
Quindi, si pensa ai modi migliori per acquisire rapidamente clienti ed espandersi, perciò il piano di marketing e la strategia commerciale sono cruciali in questa fase.
A questo punto si trovano i round di investimento di Seria A e Serie B, iniezioni di capitali necessari per far fronte al numero sempre maggiore di clienti.
- Serie A: le richieste di liquidità diventano più grandi, si parla anche di milioni, soddisfatte di solito da venture capital e fondi di private equity;
- Serie B: gli investimenti sono ancora più alti, anche se scende un po’ il rischio di fallimento. In questa fase infatti si cerca di migliorare Il processo di crescita e portare maggiore stabilità.
Growth
Solo poche startup raggiungono questa fase, dove la crescita dei clienti diventa esponenziale e il fatturato aumenta rapidamente.
In questa fase si attinge ai round di investimento detti Serie C. In questo stadio l’investimento ha un rischio più basso, ma anche un ritorno più basso.
Di solito questo momento precede l’ultima fase di Exit, anche se non è del tutta esclusa la possibilità che ci sia ancora bisogno di altre serie di investimenti.
Exit
E’ l’ultima fase della startup che prevede il ritorno del proprio investimento.
Le principali opzioni per la exit sono:
- l’offerta pubblica iniziale, quindi la startup viene quotata mettendo a disposizione del pubblico le proprie azioni;
- l’acquisizione, ovvero la startup viene acquisita da un’altra azienda;
- il buyback, cioè i fondatori riacquistano le quote della startup che avevano precedentemente ceduto agli investitori.
- distribuire dividendi, ossia quando una società rimane privata, ma è raro per una startup.
In quale fase è meglio investire in una startup?
Anche per gli investimenti in startup, maggiore è il rischio che si è disposti ad assumere, e maggiore sarà il guadagno.
In questo caso, però, non è sufficiente solo prendere in considerazione la propria propensione al rischio, in quanto, soprattutto nelle fasi più embrionali, sono richieste ulteriori caratteristiche e competenze come investitore e imprenditore.
Basti pensare alla figura dell’ Angel investor, il quale non solo investe del capitale nelle startup, ma mette anche a disposizione le proprie conoscenze, e spesso esegue un vero e proprio lavoro di mentorship.
Esistono vari modi per investire nelle startup, come hai potuto notare nel paragrafo precedente, e non esiste un metodo migliore di un altro, dipende tutto dalla diversificazione che si vuole dare al proprio portafoglio.
Si può investire anche in più fasi e quale scegliere dipende dal proprio grado di rischio.
Come scegliere una startup su cui investire
Di solito una persona che decide di investire in una startup viene inizialmente colpita dal business plan, che ha appunto lo scopo di attirare l’attenzione degli investitori.
Ciò però non basta per valutare bene questo genere di azienda. Si potrebbe pensare che oltre al business plan, la seconda cosa fondamentale sia il prodotto o il servizio che si vuole portare sul mercato, ma in realtà non è così!
Certo un prodotto o un servizio validi e innovativi sono sicuramente fondamentali, ma il fattore più importante che si deve valutare è il team.
Un investitore dev’essere capace, non solo di comprendere e analizzare al meglio il materiale e i dati che vengono messi a disposizione, ma anche di valutare il team che sta lavorando sull’idea, sia i founder che i vari collaboratori.
Questo fattore, infatti, nella maggior parte dei casi, ha fatto la differenza tra una startup di successo e una chiusa per fallimento. Ci sono anche casi dove un ottimo team ha portato a grandi risultati un prodotto o un servizio che non erano eccezionali.
Se il mondo delle startup ti interessa o ti interessa il mondo degli investimenti in generale, e vorresti approfondire di più, entra nella nostra community, dove potrai trovare anche altri investitori con cui scambiare opinioni e confrontarsi.
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