La grave crisi economico-finanziaria del 1929, chiamata appunto iniziata negli Stati Uniti d’America, sconvolse l’economia mondiale dalla fine degli anni Venti fino a buona parte del decennio successivo, con devastanti ripercussioni sociali e politiche.
Breve riassunto
Dall’inizio della prima guerra mondiale, gli USA entrarono in un periodo di boom economico grazie ad una forte espansione del Prodotto Interno Lordo, dovuto a tanti fattori come:
- le numerose innovazioni tecnologiche, come la radio, il telefono e l’energia elettrica,
- lo sviluppo dell’industria automobilistica,
- la rapida crescita di settori come quelli del petrolio e alla conseguente espansione del settore delle costruzioni di uffici, fabbriche e case.
Questo boom economico ebbe come conseguenza il rialzo dell’indice azionario Dow Jones, relativo al settore industriale, a partire dalla metà del 1922, riflettendo così l’acquisita supremazia economica nel mondo degli USA
Nel periodo che va dal 1922 al settembre 1929, apice della bolla azionaria della Borsa Valori di New York, l’indice azionario Dow Jones era passato da 63,0 a 381,17, ossia aveva registrato un incremento di circa il 500%.
Il crollo dell’indice di Wall Street, avvenuto il 24 ottobre del 1929, noto anche come il giovedì nero di Wall Street, in cui 13 milioni di azioni furono vendute senza limite di prezzo, diede origine a un fenomeno di vendite incontrollate di azioni da parte di investitori privati desiderosi di disfarsene.
Infatti vi fu un secondo crollo a breve distanza di tempo, il 28 ottobre, e un terzo il 29 ottobre. Quest’ultima data fu poi ribattezzata il martedì nero, con circa 16 milioni di azioni vendute in un solo giorno.
Il Dow Jones Industrial Average subì una flessione del 40% in un mese e il panico si diffuse a macchia d’olio: fu l’inizio di un ciclo economico altamente recessivo su scala mondiale.
Cause
La crisi del ‘29 affonda le sue radici in una politica monetaria fortemente espansiva della Riserva Federale.
A partire dalla primavera del 1927, la Riserva Federale rese disponibili a banche e privati una rilevante quantità di liquidità, impiegata in larga parte in acquisto di azioni quotate a Wall Street da parte di privati, anche grazie agli investment trust, precursori dei nostri fondi comuni d’investimento d’oggi.
Dall’inizio del 1928 la speculazione sui titoli azionari alimentò un boom senza precedenti nei volumi di azioni giornalmente compravendute.
Questo rese possibile l’innescarsi di una spirale di rialzi dei prezzi, sospinta dalla insensata rappresentazione di prospettive floride di crescita economica e da conseguenti aspettative irrealistiche di profitti futuri delle società industriali.
Un elemento importante della dinamica di costruzione della bolla azionaria è da rintracciare nella tecnica di acquisto delle azioni tramite contratti di riporto, ossia tramite contratti conclusi dagli investitori privati con gli operatori di borsa, i quali fornivano ai propri clienti a prestito, la liquidità necessaria agli acquisti di titoli ricevendo a garanzia i titoli medesimi, con l’obbligo di restituzione del prestito stesso a scadenza ravvicinata.
Gli operatori di borsa a loro volta si finanziavano presso le banche portando a garanzia i titoli azionari consegnati loro dai propri clienti “a riporto”.
Questo circuito finanziario costituito da Riserva Federale, banche, operatori di borsa e investitori privati che connetteva finanziamenti ad acquisti di titoli azionari, si reggeva sul presupposto che gli incrementi di prezzo dei titoli medesimi registrati sul mercato di Wall Street sarebbero stati superiori ai tassi d’interesse sui prestiti concessi nel periodo di riferimento.
Tassi che raggiunsero il livello massimo del 20% su base annua nel giugno del 1929.
Nel marzo del 1929, i segnali di un possibile crollo del mercato borsistico erano già stati avvertiti dalla Riserva Federale che ugualmente decise di non agire.
Nel settembre dello stesso anno, l’indice di borsa iniziò a muoversi in modo irregolare con una tendenza al ribasso
Quando nell’ottobre del 1929 si assistette a una brusca correzione dei prezzi azionari registrati a Wall Street, gli investitori furono presi dalla paura di un inizio della corsa al ribasso dei prezzi e, di fatto, resero effettive le loro più nere aspettative affluendo freneticamente sul mercato per vendere azioni fino a generarne il tracollo in preda al panico. Iniziò così la crisi del ‘29.
Gli operatori di borsa iniziarono a richiedere maggiori garanzie per i prestiti concessi ai propri clienti.
La liquidazione delle azioni rispondeva anche alla necessità degli speculatori di rientrare dai finanziamenti concessi per l’acquisto dei titoli.
La forte esposizione delle banche sul mercato azionario, conseguenza dei crediti concessi agli operatori di borsa, indusse i risparmiatori, intimoriti dalle ripercussioni sui propri depositi, a richiederne il ritiro, dando luogo a una vera e propria “corsa agli sportelli”, cosiddetta bank run.
Conseguenze
In queste circostanze, la Bank of the United States, ritenuta un colosso del tempo, che contava infatti depositi di oltre 400.000 risparmiatori, fu una delle prime banche a dichiarare bancarotta.
La crisi iniziò a estendersi anche alla borsa merci.
I prezzi di prodotti agricoli, del cotone e delle materie prime non agricole crollarono. L’indice generale della produzione industriale registrò una flessione, ovvero la produzione di acciaio e ghisa, di carbone, di automobili e di altri manufatti scendeva.
Gli Stati Uniti, già ancora prima dell’inizio della crisi del ‘29, avevano adottato una politica protezionistica di dazi al fine di difendere il settore agricolo, dato che a partire già da metà degli anni Venti si era iniziata a registrare una riduzione di domanda e prezzi dei beni agricoli a causa della veloce evoluzione delle tecnologie e del settore industriale.
L’approccio protezionistico si rafforzò quindi a seguito del crollo di Wall Street dell’ottobre del ‘29 e la sua estensione a livello di tutti i Paesi esportatori, anche europei, portò a un collasso del commercio internazionale.
La Grande Depressione che ne conseguì ebbe effetti recessivi devastanti ad ampio spettro geografico sotto diversi profili.
Anche i prezzi dei prodotti industriali subirono una drastica pressione al ribasso dalla contrazione della domanda, determinando gravi difficoltà per le imprese nel far fronte ai loro debiti e alimentando la contrazione del commercio internazionale e di conseguenza dei redditi dei lavoratori, del reddito fiscale, dei prezzi e dei profitti.
Nella specifica situazione degli USA, il tracollo economico e finanziario mise in ginocchio centinaia di migliaia di americani, con il fallimento di numerose aziende, l’incremento vertiginoso della disoccupazione, oltre il 25% della popolazione attiva, e una severa contrazione del reddito.
In ultimo, le esigenze nazionali spinsero gli istituti finanziari degli Stati Uniti a richiamare i prestiti erogati all’estero, parliamo di circa 30 miliardi di dollari, estendendo gli effetti recessivi della crisi del ‘29 su scala mondiale.
La situazione internazionale iniziò ad assestarsi verso la fine degli anni Trenta con molta fatica.
Conoscere questi episodi storici è molto importante per un investitore, in quanto permette di comprendere quali possano essere i segnali di un’eventuale bolla speculativa.
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