Frasi come “Anche se tutti dicono il contrario, io so di non meritarlo”, “è vero, ho studiato tanto, ma non credo di essere abbastanza bravo”, “sebbene abbia raggiunto ottimi traguardi, non posso dire di essere all’altezza” sono tipiche di chi soffre della sindrome dell’impostore.
Queste persone tendono a non riconoscere il valore del loro successo, dei riconoscimenti ricevuti o della posizione che occupano, convincendosi di non meritarseli.
Questo tipo di percezione è più comune di quanto si pensi, ed è spesso legata a una scarsa autostima e a una bassa considerazione di sé.
Cos’è la sindrome dell’impostore?
La “sindrome dell’impostore” è un fenomeno psicologico introdotto alla fine degli anni ’70 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes. Questo termine descrive la sensazione interna di non meritare i propri successi personali.
Le persone che soffrono di questa condizione tendono a sottovalutare costantemente le proprie capacità e competenze, portandole a sentirsi indegne dei risultati positivi che hanno raggiunto.
Inizialmente, la sindrome era stata studiata principalmente in relazione a donne che ricoprivano ruoli di successo. Oggi, tuttavia, non sembra esserci una differenza di genere significativa e si riscontra spesso in individui che occupano posizioni di rilievo nel contesto sociale e professionale.
Spesso, la sindrome dell’impostore ti fa sentire come se stessi ingannando i tuoi colleghi, facendo credere loro che tu sia capace di svolgere il tuo lavoro. Altri segnali tipici della sindrome dell’impostore includono:
- Credere di essere dove sei solo per fortuna e non per le proprie competenze e abilità.
- Basare la propria autostima sulla percezione delle capacità.
- Sentire il bisogno di essere un perfezionista per svolgere il lavoro in modo adeguato.
- Sacrificare il proprio benessere per favorire la produttività.
- Provare un senso di solitudine o desiderare di isolarsi, temendo che qualcuno possa scoprire questo “segreto”.
- Notare un peggioramento della salute mentale, dovuto al sovraccarico di lavoro e al burnout.
Se hai sperimentato anche solo una di queste sensazioni, sappi che non sei solo. In effetti, secondo una ricerca, quasi due terzi (62%) dei knowledge worker a livello globale hanno riferito di aver sofferto di sindrome dell’impostore.
Chiunque può essere colpito da questa condizione, e non riguarda solo i neoassunti. In realtà, i dipendenti in posizioni senior sembrano essere più inclini a soffrirne rispetto alla media.
Perché ci si sente degli impostori
Le persone che soffrono della sindrome dell’impostore vivono con una paura costante: quella di essere smascherati. Convinti di essere dei “truffatori” o di nascondere un segreto, temono che prima o poi gli altri scoprano la loro vera natura e rivelino al mondo la loro presunta indegnità.
Questa paura li porta a vivere con l’ansia di perdere tutto ciò che hanno, temendo che il loro successo o riconoscimento non siano mai abbastanza per dimostrare a se stessi di non essere incapaci o indegni. Nonostante i traguardi raggiunti, continuano a credere di non meritarli.
È come se non riuscissero a interiorizzare i risultati ottenuti, le competenze acquisite e i talenti posseduti, a causa di distorsioni cognitive che li portano a minimizzare il loro valore e senso di competenza.
I successi, anche se ripetuti e significativi, vengono attribuiti a fattori esterni, come un malinteso degli altri o alla semplice fortuna.
Il paradosso della sindrome dell’impostore
Il paradosso tipico della sindrome dell’impostore risiede nel fatto che, indipendentemente dai successi ottenuti, questi non sono mai sufficienti a mettere in discussione la percezione di “immeritevolezza” che le persone affette sperimentano. Chi soffre di questa condizione sembra incapace di interiorizzare le proprie capacità, abilità e realizzazioni.
Le convinzioni legate a questa sensazione di indegnità rimangono intatte, nonostante le prove contrarie, a causa di distorsioni cognitive che portano a una continua sottovalutazione del proprio valore e della propria competenza.
Spesso, come abbiamo anticipato, i successi, anche se ripetuti e significativi, vengono attribuiti a fattori esterni come la sovrastima delle proprie capacità da parte degli altri.
Da cosa dipende questa situazione?
In realtà, le persone che soffrono della sindrome dell’impostore non stanno ingannando gli altri, ma se stesse. Non è vero che sono state promosse solo perché il loro capo le ha sopravvalutate, che non sono in grado di affrontare un progetto importante che è stato loro affidato, o che sono state fortunate ad essere stimate. Queste sono convinzioni errate: la verità è che si sono meritate ciò che hanno, ma non riescono ad ammetterlo.
Per quale motivo? Alla base c’è spesso una carenza di autostima: queste persone non si sentono sicure delle proprie capacità, e quindi non si ritengono mai abbastanza brave per ricevere un complimento o sufficientemente preparate per affrontare nuove sfide.
Oltre a chi ha una bassa autostima, sono più a rischio di sviluppare la sindrome dell’impostore anche coloro che:
- devono apprendere nuove competenze o assumere un nuovo ruolo di responsabilità;
- gestiscono molteplici competenze e conoscenze per la loro professione (come medici, manager o artisti);
- sono estremamente critici verso se stessi;
- hanno un forte senso del dovere;
- svolgono professioni non tradizionali o non ufficialmente riconosciute.
Molti di coloro che soffrono di questa sindrome sono anche guidati da un perfezionismo marcato.
La paura di essere smascherati li porta, inoltre, a mantenere sempre standard elevati e a fare sempre meglio. Perciò, senza concedersi mai un momento di riposo, il che può generare stress, ansia, frustrazione e angoscia.
La gestione della sindrome dell’impostore
Anche se la sindrome dell’impostore non rientra in una specifica classificazione diagnostica in psichiatria, i sintomi associati possono causare notevole sofferenza. Per questo motivo, è consigliato intraprendere un percorso psicoterapeutico, preferibilmente di tipo cognitivo-comportamentale, che possa portare a un cambiamento in tempi relativamente brevi.
Come affrontare, quindi, la sindrome dell’impostore? Ecco alcuni suggerimenti utili:
1.Concentrati sui fatti
La sindrome dell’impostore ti fa credere di non essere capace di svolgere il tuo lavoro, ma questa sensazione è alimentata dalla paura, non dalla realtà. Il modo migliore per affrontarla è separare le emozioni dai fatti.
- I fatti sono verità oggettive: ciò che può essere osservato e registrato,
- le storie sono il modo in cui interpreti quei fatti.
Anche se non puoi impedire al tuo cervello di inventare storie, puoi scegliere di concentrarti sui fatti.
La prossima volta che ti sentirai come un impostore, confronta le sensazioni con i fatti concreti della situazione. Ad esempio, se pensi che qualcosa sia andato storto dopo aver parlato apertamente durante una riunione, concentrati su ciò che i membri del team hanno effettivamente detto.
2.Modifica i tuoi pensieri
I nostri pensieri hanno un grande potere: il modo in cui vediamo il mondo può plasmare la nostra realtà, sia in modo positivo che negativo. Se ti capita spesso di avere dialoghi interiori negativi, inizia a prestare attenzione alla tua voce interiore e cerca di modificarla quando necessario. Questa tecnica non produrrà risultati immediati, ma nel tempo ti aiuterà ad affrontare le situazioni con una prospettiva più positiva.
Ad esempio, la prossima volta che commetti un errore, prova a pensare: “Non è stato il mio lavoro migliore, ma la prossima volta farò meglio”, invece di “Ho fatto schifo”. Modificando il linguaggio mentale, stai insegnando al tuo cervello a sostenerti di più.
3.Cerca un mentore
Per affrontare la sindrome dell’impostore, è utile lavorare attivamente per migliorare le proprie competenze specializzate e complementari. Ogni volta che la voce nella tua testa ti dice che non sei abbastanza capace, potrai rispondere che stai facendo un impegno concreto per migliorare.
Un ottimo modo per farlo è trovare un mentore. Cerca qualcuno nella tua azienda o nel tuo settore che possa offrirti consigli pratici e supporto. Potrebbe essere un leader senior della tua organizzazione o una persona che ammiri, anche se lavora in un’altra azienda.
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