La scarsità fisica di monete
Verso la fine del XVI secolo, l’espansione delle attività economiche fece sorgere una problematica: non c’erano abbastanza monete fisiche, quindi, mezzi di pagamento in circolazione.
Questo problema non era superabile fin tanto che le banche dell’epoca prestavano soldi nei limiti dei depositi di monete in metallo prezioso che ricevevano.
Era vero che l’afflusso di oro e argento dai giacimenti scoperti e sfruttati nelle Americhe aveva portato all’espansione dell’offerta di moneta e con essa dell’attività economica in Europa, ma rimaneva comunque una stretta e precisa relazione tra la quantità di oro e argento utilizzata per coniare nuove monete e l’offerta di moneta per finanziare la produzione e gli scambi commerciali.
Perciò, ben prima della rivoluzione industriale, ci fu, a cavallo dei secoli XVII e XVIII, una rivoluzione finanziaria che ebbe la sua genesi in Olanda, prima, e, successivamente, in Inghilterra.
Inizia in quel tempo e in quei Paesi, a delinearsi un sistema monetario e finanziario in senso moderno. Iniziano a diffondersi terminologie, strumenti e meccanismi ad oggi conosciuti, come:
- le società per azioni a partecipazione diffusa;
- l’offerta pubblica di titoli di debito e di titoli di partecipazione al capitale di rischio, cioè le azioni;
- banche che provvedono all’emissione di “note di credito”, in relazione al valore intrinseco delle monete, calcolato sul loro contenuto di metallo prezioso, per aumentare la velocità di circolazione della “moneta”, migliorando la capacità di spesa di un’economia;
- gli assegni bancari fondati sulla fiducia nel debitore;
- banche di emissione che “stampavano” banconote, cioè moneta convertibile su richiesta, in oro o argento, entro il confine delle riserve auree possedute, in nome e per conto dello Stato, che si identificava con il Sovrano, nel caso di regni.
Fu soprattutto l’Olanda del Seicento a creare le condizioni necessarie per la circolazione della ricchezza finanziaria, tramite la costruzione di alcune innovative infrastrutture giuridico-finanziarie che diedero grande impulso all’economia di mercato del Paese, grazie anche allo sfruttamento della sua favorevole posizione geografica per gli scambi commerciali marittimi verso le Americhe e verso l’Asia.
La Compagnia Olandese delle Indie Orientali
La svolta fu indotta dalla decisione del Parlamento olandese di istituire, nel 1602, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, a cui veniva attribuito il monopolio del commercio olandese delle spezie e di tutte le altre mercanzie verso l’Asia.
L’innovazione principale era rappresentata dalla possibilità offerta alla Compagnia di raccogliere i capitali necessari mediante una pubblica sottoscrizione aperta a tutti i residenti nel territorio olandese, senza un tetto prefissato.
Il capitale finanziario, suddiviso in azioni, fu sottoscritto da cittadini di ogni ceto sociale, che rischiavano di perdere al massimo il proprio investimento in caso di fallimento della società, affermando in questo modo, implicitamente, il principio della responsabilità limitata.
La Compagnia, che può essere considerata la prima società per azioni a capitale diffuso, rappresentò un caso di successo imprenditoriale.
Si sviluppò ben presto un mercato secondario per lo scambio, con consegna a termine, delle azioni della Compagnia.
Gli scambi avvenivano in un primo tempo in uno spazio aperto, secondo modalità di contrattazioni informali, ma assunsero ben presto un’intensità tale da indurre, nel 1608, la costruzione di un luogo al chiuso: la Beurs van Amsterdam, una delle prime “Borse Valori” al mondo.
Nel 1609 fu istituita la Banca di cambio di Amsterdam, la Wisselbank, specializzata nella conversione delle diverse monete circolanti all’epoca in tutta Europa, che avevano precise caratteristiche di purezza e peso, in proprie banconote aventi la garanzia dello Stato olandese.
La possibilità, consentita ai mercanti olandesi, di aprire un deposito denominato nella Wisselbank introdusse un sistema efficiente di trasferimenti diretti mediante addebito-accredito contabile dei depositi interessati, garantendo il compimento di moltissime operazioni commerciali senza necessità di trasferimento materiale di moneta.
L’innovazione apportata nel sistema dei pagamenti commerciali non si accompagnò alla “creazione” di moneta bancaria, perché la Banca non erogava prestiti, dato che voleva mantenere paritario il rapporto fra depositi ricevuti e riserve in metalli preziosi.
Inoltre, furono istituite quelle che possono essere le “antenate” delle moderne banche finanziarie, che si dedicarono alla concessione di prestiti con accettazione di azioni in garanzia.
Gli olandesi ebbero la capacità di assicurare il buon funzionamento di queste nuove infrastrutture giuridiche e finanziarie al servizio del commercio internazionale e di una economia mercantilista aperta.
L’Olanda del Seicento divenne, così, lo Stato più prospero d’Europa.
La banconota
Le innovazioni nelle istituzioni finanziarie avevano superato la “prova di resistenza” dell’applicazione continuativa per un lungo periodo in Olanda, ma certamente non avevano condotto al superamento dei limiti del sistema monetario fondato sull’oro.
Fu lo scozzese John Law, integratosi in Francia, ad applicare sul campo, tra il 1716 e il 1720, la possibilità di superare i limiti di una circolazione monetaria fondata sull’oro attraverso l’istituzione di una banca pubblica che emetteva banconote in grado di introdurre una gestione moderna del debito pubblico del Regno di Francia in combinazione con la costituzione e la gestione di una compagnia commerciale a capitale diffuso che operava in regime di monopolio.
Questa prima struttura sperimentale, nonostante l’intuizione fosse corretta, fallì rapidamente, a causa di grossolani errori di valutazione del comportamento degli investitori.
Contestualmente, a Londra, durante la metà del Settecento si era consolidato un robusto mercato obbligazionario in cui, in particolare, si scambiavano facilmente titoli di debito del governo britannico.
Nel 1694 fu istituita a Londra la Bank of England, inizialmente concepita per mobilitare il risparmio nazionale in soccorso alle deboli finanze pubbliche, prosciugate a seguito della guerra con la Francia.
La Banca nacque, quindi, come banca del Governo e poté godere di notevoli privilegi: fu la prima banca commerciale a operare come società per azioni assumendo depositi ed emettendo banconote sulla base di una concessione di monopolio parziale.
La rivoluzione industriale
Le nuove innovazioni in ambito finanziario, insieme anche alle continue invenzioni tecniche, furono un campo fertile per dare il via alla rivoluzione industriale a partire dalla fine del XVIII secolo.
La borghesia riuscì a emergere come forza sociale dominante in contrapposizione alla nobiltà terriera.
Alcuni individui dotati di spirito capitalistico, gli imprenditori, cominciarono a realizzare, mediante l’impiego delle proprie risorse finanziarie e/o del credito ottenuto dalle banche, un sistema di produzione “seriale” di merci fondato sul lavoro, formalmente libero, di altre persone dietro pagamento di un salario, e sull’uso sistematico di macchine.
Il tutto organizzato in un unico luogo fisico, la fabbrica, secondo un principio di divisione tecnologica delle operazioni produttive e di specializzazione del lavoro.
L’assetto del processo produttivo rispondeva alla finalità di massimizzare le quantità prodotte e minimizzare i costi di produzione in relazione alle possibilità di rivendita con guadagno, quasi sempre reinvestito nell’impresa stessa.
La rivoluzione industriale non è solo, come già accennato, il frutto dell’ingegno tecnico applicato alla costruzione di nuovi mezzi di produzione o alla realizzazione di nuove merci, ma anche un nuovo modo di organizzare i fattori produttivi e le modalità di scambio resi possibili da una nuova finanza.
La trasformazione della finanza costituisce, quindi, un ingrediente storicamente necessario per lo sviluppo del sistema economico e viceversa. In altre parole, crescita economica e innovazione finanziaria appaiono processi interdipendenti.
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